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Case crollate

I terremoti fanno notizia per la loro potenza distruttiva, perché fanno crollare le case, le chiese, gli edifici pubblici, tutte quelle costruzioni che non sono state costruite in modo tale da resistere ai terremoti.

Questo comporta spesso un gran numero di morti e viene da pensare e chiedersi dove si è sbagliato e chi ha sbagliato.

Le normative antisismiche spesso non sono tali da garantire che le costruzioni possano rimanere in piedi anche in presenza di forti terremoti.

Le normative antisismiche non prevedono nulla a proposito della distribuzione delle masse nelle costruzioni, per cui accade sovente che le costruzioni siano sbilanciate, con le masse maggiori, più consistenti spostate verso l’alto.

Le sopraelevazioni fatte dopo un certo numero di anni sono fatte con criteri costruttivi certamente più moderni ma hanno il difetto di concentrare in alto nella parte superiore della costruzione masse importanti, che, per inerzia, durante il terremoto recitano un ruolo importante nella la scarsa stabilità degli edifici.

Senza andare a scoprire le forze in gioco durante un terremoto, si può semplicemente affermare che durante un terremoto le strutture degli edifici sono soggetti a forze comunque orientate e comprendenti, quindi, forze verticali e forze orizzontali comunque orientate.

Per quanto riguarda la resistenza alle forze verticali occorre osservare che sono forze dinamiche, che tendono ad agire con una certa intermittenza, con colpi successivi verso il basso.

In tal caso occorre che le strutture portanti siano in grado di resistere a queste sollecitazioni dinamiche.

Se la costruzione è stata calcolata soltanto per resistere a carichi statici, la maggiore sollecitazione dovute alla dinamicità delle azioni, fa sì che la struttura ceda ed avviene il crollo della costruzione, considerando solo le forze verticali agenti sulla struttura.

Il pericolo maggiore è rappresentato dall’azione delle forze orizzontali, che agiscono sulle masse alle diverse altezze e generano dei momenti considerevoli.

Se la strurttura in fase di progettazione non è stata calcolata per resistere a questi sforzi dovuti alle forze orizzontali, il crollo è matematico.

Le forze orizzontali agiscono distruggendo quelle costruzioni che sono state calcolate per resistere solo ai carichi statici, cioè ai carichi verticali non dinamici.

In questo caso l’azione distruttiva è tanto maggiore quanto maggiore è la distanza delle masse dal suolo, perché maggiore è il momento agente, essenzialmente alla sommità dei pilastri.

Tutte quelle costruzioni che presentano al piano terra soltanto i pilastri, per consentire il facile parcheggio delle automobili, e in cui a partire dal primo piano ci sono gli appartamenti, sono nelle condizioni peggiori per resistere ai terremoti.

Le lesioni alla sommità dei pilastri in questo caso sono inevitabili e l’intera costruzione vede la sua stabilità totalmente compromessa.

Lasciare il piano terra senza tamponamenti tra i pilastri è una pratica rischiosissima perché la resistenza della costruzione in caso di terremoto non è per niente assicurata.

Le lesioni alla sommità dei pilastri rendono la costruzione inagibile e che, per sicurezza, dovrebbe essere abbattuta, perché la stabilità è stata compromessa e continuare ad abitare queste costruzioni può essere molto rischioso.

Si capisce come la dislocazione delle masse della costruzione diventi uno degli argomenti più delicati e fondamentali ai fini della stabilità in caso di terremoto.

Le piramidi da questo punto di vista danno una grande garanzia di stabilità.

La casa deve essere come un batticarne, quindi con le masse maggiori nelle fondazioni e strutture leggere ai vari piani, molto elastiche perché dotate di armature di ferro molto ben calcolate per resistere agli sforzi.

Molti edifici crollano in caso di terremoto perché vengono a cedere le fondamenta, quindi la stabilità è totalmente compromessa.

Quando si sopraeleva un’edificio, se la sopraelevazione ha una massa molto importante rispetto al resto dell’edificio, si corre il rischio che, in caso di terremoto, l’azione delle forse d’inerzia su quella grande massa possa fare crollare l’intero edificio.

Anche se calcolata come si deve, in fase di progetto, si deve osservare che molte volte la costruzione dell’edificio non viene fatta secondo le ferree regole d’ingegneria, ma chi costruisce la casa si prende delle licenze imperdonabili.

Oggi si fa tanto parlare della sabbia di mare usata al posto della sabbia di fiume.

Se usata negli intonaci la sabbia di mare fa sì che la salsedine affiori dalle pareti specie in caso di umidità.

All’interno del cemento armato è dannosa ma non come si vuole fare credere.

Le persone poco esperte sono indotte a pansare che il cemento armato si sia sbriciolato per la presenza di sabbia di mare, spinti a ciò dalla constatazione della quantità di polvere che si è solllevata durante la fase di crollo.

In effetti il tipo di calcestruzzo che si può vedere per televisione, deve la sua scarsa consistenza non alla presenza di sabbia di mare ma all’eccessiva quantità di acqua usata nell’impasto.

Le ditte costruttrici più scandalosamente ignoranti, fanno aggiungere acqua in eccesso al calcestruzzo per avere una migliore lavorabilità.

Se il calcestruzzo venisse impastato con il rapporto acqua /cemento previsto dal fabbricante del cemento, la lavorabilità del calcestruzzo verrebbe a essere difficoltosa e occorrerebbe usare sapientemente i vibratori per far sì che il calcestruzzo occupi lo spazio all’interno delle cassefeorme senza lasciare bolle d’aria.

L’uso eccessivo dei vibratori può però comportare la separazione nel calcestruzzo della parte sabbiosa rispetto alla parte del brecciolino, con l’addensamento di quest’ultimo verso la parte bassa della casseforma.

Questo fatto è molto grave nel caso dei pilastri, perché la base dei pilastri verrebbe a trovarsi molto ricca di ghiaia a discapito della parte sabbiosa.

Nel calcesstruzzo deve esistere un rapporto in volume di due a uno tra ghiaia e sabbia e questo rapporto è importantissimo per la buona riuscita del cemento armato.

Molto importante è poi la quantità di cemento nell’impasto del calcestruzzo.

Il cemento armato di pilastri andrebbe fatto con cemento almeno del 425, mentre nelle trave e nei solai si può usare anche il 325, ma sarebbe meglio usare sempre il 425 dosato ad almeno 300-400 kg/mcubo.

Quindi la resistenza del cemento armato dipende essenzialente da come si lavora il calcestruzzo e il risultato finale dipende dalla serietà della ditta costruttrice.

Se poi le ditte che forniscono il calcestruzzo barano e mettono una quantità insufficiente di cemento, la cosa diventa molto grave.

Quando si affronta una ricostruzione di città e paesi devastati da terremoti, occorre porre la massima attenzione affinché non si commettano un’altra volta errori decisivi e imperdonabili nel confezionamento del carcestruzzo.

Dalle macerie si nota che il ferro del cemento armato è stato usato in pochissima misura, con grande parsimonia.

Dovremmo meravigliarci di come quelle costruzioni non siano crollate prima, al primo soffio di vento.

Costrure un edificio è un’operazione molto delicata, che deve essere affrontata da persone competenti e non può essere lasciata a persone non qualificate, che per scarsa professionalità o per ignoranza possono produrre guai molto seri.

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