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Diabete. Compensazione glicemica e compensazione energetica.

Il diabete.

Il diabete è una malattia, che affligge oggi nel mondo un numero sempre maggiore di persone.

È evidente che le cure previste per fronteggiare questa malattia sono insufficienti.

Un valido aiuto per i medici è costituito dagli “Standard per la cura del diabete mellito”, che sono pubblicati a cura delle organizzazioni sindacali dei diabetologi.

Bisogna osservare che, nonostante la stretta attinenza al disposto degli Standard, la malattia progredisce inesorabilmente verso forme di sofferenza inaccettabili.

Occorre esaminare alcuni aspetti fondamentali della malattia e della terapia nell’intento di migliorare le condizioni di cura per ottenere risultati migliori.

 

La compensazione glicemica.

Attualmente l’attenzione degli operatori è volta a considerare l’aumento del glucosio nel sangue delle persone affette dalla malattia diabetica.

La terapia proposta è volta a normalizzare il livello di glucosio nel sangue a digiuno per portarlo nel campo 70-110 mg/dl, che è quello riscontrabile nel sangue delle persone sane.

Il diabete si caratterizza perché non tutto il glucosio disponibile nel sangue passa nelle cellule dell’organismo oltrepassando le membrane cellulari, ma si ferma nel sangue aumentando la glicemia, cioè la quantità di glucosio presente nel sangue.

La terapia medica tende a riportare il livello del glucosio a valori confrontabili con quelli presenti nel sangue delle persone sane.

Al momento della diagnosi di diabete il medico ha di fronte a sé lo schema tipico della terapia per la cura del diabete.

Lo schema prevede:

1)                     La dieta;

2)                     Le pillole ipoglicemizzanti orali;

3)                     L’insulina.

 

La dieta.

Per fare oltrepassare al glucosio le membrane cellulari e nutrire le cellule è necessario l’intervento dell’ormone insulina, che evidentemente non è stato prodotto in quantità sufficiente o è di qualità non idonea a svolgere il proprio compito.

Se l’insulina è prodotta in quantità insufficiente, si ritiene che abbassando la quantità di glucosio immessa nell’organismo, l’insulina disponibile sia sufficiente a fare oltrepassare al glucosio le membrane cellulari, per cui il glucosio non può rimanere nel sangue e aumentare in maniera anormale la glicemia.

La dieta prevede l’ingestione di un minor numero di calorie rispetto al normale, per cui l’insulina prodotta risulta sufficiente e non è prevedibile un aumento della glicemia nel sangue.

La glicemia sembra a posto per cui per un po’ di tempo il paziente diabetico ritiene di aver curato il diabete nel miglior modo possibile e sta tranquillo.

Il diabete è una malattia subdola, che non bisogna mai perdere di vista.

Il tempo passato dai pazienti diabetici a curare la malattia con la sola dieta è un tempo in cui la malattia fa il suo corso indisturbata provocando un aggravamento della stessa.

 

Le pillole ipoglicemizzanti orali.

Se la sola dieta non è in grado di riportare la glicemia a digiuno ai valori 70 – 110 mg/dl propri delle persone sane, il medico prescrive l’uso delle pillole ipoglicemizzanti orali.

Si tratta di pillole che normalmente vengono assunte prima dei pasti principali e favoriscono l’abbassamento della glicemia.

Se, nonostante la dieta, la glicemia aumenta in modo apprezzabile, le pillole contribuiscono a riportarla nei limiti propri della glicemia nelle persone sane.

Le pillole sono di vario genere e servono a rimuovere dal sangue parte del glucosio presente.

Sembra che lo scopo delle pillole non sia tanto quello di favorire il passaggio del glucosio attraverso le membrane cellulari,come sarebbe necessario per il nutrimento delle cellule,  quanto quello di rimuovere dal sangue il glucosio in eccesso.

Le pillole provocano un abbassamnto del valore della glicemia..

Se, nonostante le pillole, il glucosio nel sangue continua ad avere valori significativamente più alti del normale, occorre passare alle iniezioni d’insulina.

 

L’insulina.

Con le iniezioni d’insulina la glicemia diminuisce.

Se la glicemia a digiuno rimane maggiore dei valori normali, si aumenta la quantità d’insulina e ci si aspetta che i valori della glicemia ritornino nel campo della glicemia presente nelle persone sane.

Se i valori ritornano nel campo della glicemia presente nelle persone sane si pensa che il problema del diabete sia risolto e si sta molto tranquilli.

Il diabete lavora nell’ombra.

Sembra che tutto sia a posto ma poi nascono le complicanze tardive.

Sopraggiungono, per es., la diminuzione del visus, guai al cuore, guai alle gambe e tanti altri malanni, che la terapia prevista per la cura del diabete nonriesce a scongiurare.

È evidente che la terapia prevista è affetta da errori gravissimi e che non è assolutamente in grado di fronteggiare una grave malattia come il diabete.

 

La compensazione glicemica.

Quando la glicemia a digiuno è riportata nel campo 70-110 mg/dl si ritiene che la terapia sia esatta e che il diabete sia sotto controllo.

La condizione è etichettata come “compensazione glicemica”.

La compensazione glicemica da sola può essere inefficace.

La conclusione è che la compensazione glicemica può essere insufficiente a controllare la malattia diabetica, per cui occorre approfondire le caratteristiche della malattia al fine di mettere in atto dei criteri più efficcaci per la cura.

La compensazione glicemica non tiene conto di alcune considerazioni di carattere energetico.

 

La dieta.

La dieta fa in modo che l’insulina in quantità insufficiente prodotta dal pancreas del paziente sia bastevole per trattare una certa quantità di glucosio, per cui non c’è un esubero di glicemia, non c’è un esubero di glucosio, che rimane nel sangue.

Supponiamo il caso di un paziente, che di lavoro fa il camionista.

Il suo organismo consuma giornalmente circa 3200 Kcal.

Supponiamo che l’insulina prodotta dal suo pancreas possa lavorare circa 1500 Kcal al giorno.

Il camionista deve svolgere un lavoro, che comporta la spesa di 3200 Kcal disponendo di sole 1500 Kcal.

È evidente che il paziente lavora in sofferenza energetica e non può svolgere il proprio lavoro correttamente.

Il camionista è soggetto al dimagrimento e dopo poco tempo non ce la fa più.

La dieta non assicura al paziente l’energia necessaria per svolgere il proprio lavoro.

In questo caso la dieta non va molto bene.

La glicemia si trova al di sotto dei limiti delle persone sane.

Il paziente non è curato in maniera efficace.

Il paziente ha la compensazione glicemica ma non ha la compensazione energetica.

Per avere la compensazione energetica il paziente deve poter utilizzare tutta l’energia di cui ha bisogno per svolgere correttamente il proprio lavoro e la dieta non assicura sempre la disponibilità dell’energia necessaria.

La sola dieta non assicura la compensazione energetica per cui deve essere integrata da una maggiore terapia in grado di raggiungere anche la compensazione energetica in aggiunta alla compensazione glicemica.

 

Le pillole ipoglicemizzanti orali.

La glicemia è un riferimento relativo, ma bisogna non perdere di vista la compensazione energetica.

Se il paziente camionista in aggiunta alla dieta prende le pillole ipoglicemizzanti orali, continua ad avere una buona compensazione glicemica perché il glucosio del suo sangue a digiuno non supera i limiti caratteristici del sangue delle persone sane.

Il problema non è risolto.

Il paziente camionista continua ad assumere sempre quelle 1500 Kcal, come prima, solo che l’eccesso di glucosio è rimosso dal suo sangue, per cui si raggiunge sempre la compensazione glicemica, ma il camionista si trova sempre in difetto di energia.

Il punto cruciale della terapia non è la glicemia, non è il glucosio, che rimane inutilizzato nel sangue, ma il glucosio, che in quantità insufficente oltrepassa le membrane cellulari.

Per dare energia al paziente occorre che il glucosio oltrepassi le membrane cellulari, nutra le cellule e in particolare le cellule muscolari, che acquistano l’energia necessaria a fornire al paziente camionista l’energia necessaria a svolgere il proprio lavoro.

Tra le cellule da nutrire ci sono anche le cellule del miocardio, che, se nutrite inmaniera insufficiente, sicuramente non sono ben nutrite e cosa si vuole che succeda dopo che per anni il miocardio è stato nutrito in maniera insufficiente?

Non bisogna meravigliarsi che il miocardio vada incontro a ischemie e ad infarti.

Non è importante il glucosio che rimane nel sangue e che viene rimosso con vari sistemi, è importante il fatto che il glucosio, che rimane nel sangue, non è andato a nutrire le cellule dell’organismo e dopo anni di questa situazione che cosa dobbiamo aspettarci dall’organismo del paziente diabetico.

Ci dobbiamo aspettare le complicanze tardive e tutte le brutture, che portano dove?

 

Alcune pillole ipoglicemizzanti orali bloccano la gluconeogenesi.

Quando i muscoli svolgono un lavoro faticoso e continuativo e non sono nutriti a sufficienza, per svolgere il proprio lavoro, in difetto di ossigeno sviluppano dal glucosio una certa quantità di lattato, che è un ione dell’acido lattico, cui è stato tolto un ione H+, un protone.

Il fegato avvia la gluconeogenesi, che converte il lattato in glucosio, spendendo una certa quantità di energia.

Alcune pillole ipoglicemizzanti inibiscono la gluconeogenesi, per cui il lattato non è riconvertito in glucosio.

Il glucosio nel sangue non aumenta, ma rimane nel sangue una certa quantità di lattato, che rimane in circolo nel sangue e certamente bene non fa, anzi è plausibile che combini un mucchio di guai, forse insieme al suo compagno di merenda il colesterolo LDL quello cattivo.

La glicemia risulta abbassata, ma i guai certamente non mancano.

Altre pillole abbassano il livello di sfioramento del glucosio del sangue nelle urine.

Normalmente quando la glicemia supera i 180 mg/dl avviene la glicosuria, per cui una parte del glucosio del sague va a finire nelle urine.

Alcuni tipi di pillole abbassano il livello di sfioramento, per cui il passaggio del glucosio dal sangue  nelle urine avviene a livelli di glucosio più bassi.

Questo metodo fa diminuire la glicemia ma non migliora la compensazione energetica, è soltanto fumo negli occhi, per cui il paziente crede di essere a posto perché la sua glicemia non è alta e il diabete continua ad esercitare i suoi effetti deleteri.

Cè il sospetto, non si sa quanto fondato, che esista il rischio che alcuni tipi di pillole possano aggravare il tumore alla vescica.

Gli standard a questo riguardo consigliano di non fare uso di queste pillole se si è a rischio fondato di tumore alla vescica.

In ogni caso certe pillole ipoglicemizzanti, così come sono formulate non servono quasi a niente, anzi servono a distrarre il paziente e il suo medico, che credono di avere raggiunto valori tranquillizzanti di glicemia, di avere risolto il problemi legati al diabete e alla fine consegnano il paziente alle complicanze tardive.

 

L’insulina.

Ci sono vari tipi d’insulina.

L’insulina è un ormone, che serve a consentire al glucosio il passaggio attraverso le menbrane cellulari e a portarsi all’interno delle cellule.

Le cellule si nutrono di glucosio, che deriva da quello che mangiamo attraverso una serie molto nutrita di reazioni chimiche o biochimiche.

L’insulina può essere “rapida”, che fa effetto subito dopo l’iniezione, “ritardata”, che fa effetto a partire da un certo tempo di ritardo, “mista”, che ha due effetti, uno rapido e uno ritardato.

Il medico saprà indicare quale tipo d’insulina è da prescrivere al paziente diabetico.

L’insulina provoca un abbassamento della glicemia, perchè il glucosio, che era nel sangue, passa attraverso le membrane cellulari e si porta all’interno delle cellule per nutrirle.

La diminuzione della glicemia avviene perché il glucosio, che era nel sangue, è passato all’interno delle cellule e non perché è stato eliminato con vari metodi dal sangue.

È importante che la glicemia, il glucosio del sangue passi a nutrire le cellule e non vada tolto dal sangue, per cui le cellule rimangono a digiuno.

La glicemia deve essere compensata perché il glucosio del sangue è passato tutto nelle cellule dell’organismo e non perché è stato eliminato con vari metodi inefficaci per la cura del diabete.

Ci può essere dell’insulina non idonea a fare oltrepassare al glucosio le membrane cellulari ma questa è materia di competenza del medico curante e del diabetologo.

L’insulina da prendere qui in considerazione è soltanto quella idonea a favorire il passaggio del glucosio attraverso le membrane cellulari.

 

La terapia.

Le osservazioni di cui sopra possono sembrare abbastanza innovative rispetto all’attuale visione della cura del diabete.

Non so quali interessi importanti possano esserci dietro alle attuali condizioni della cura del diabete.

Penso e spero che oggi nel mondo ci siano persone oneste e intelligenti, cui stia molto a cuore la salute dei pazienti diabetici e non cerchino di nascondere la testa sotto la sabbia, come fanno gli struzzi.

La speranza dei pazienti diabetici sta oggi nel cercare di evitare le complicanze tardive pur rimanendo il forte rischio di passare guai e guai molto seri, quali quelli che si prospettano per il futuro.

Certamente ci sono molte analisi e metanalisi, che rafforzano la convinzione che le attuali cure siano le più efficaci e le più innovative.

Io spero che qualcuno ponga la dovuta attenzione sul fatto che, pur rispettando le terapie previste dai protocolli di cura per i pazienti diabetici, la sorte degli stessi è comunque quasi sempre prematuramente infausta tra non poche sofferenze.

 

Confronto e combinazione tra le due compensazioni.

Le due compensazioni, quella glicemica e quella energetica, sono nettamente diverse.

La compensazione glicemica è attenta al valore del glucosio presente nel sangue e cerca di mantenerlo a digiuno nei limiti del campo presente nelle persone sane, cioè 70-110 mg/dl.

Se l’abbassamento della glicemia è dovuto a un’estrazione del glucosio dal sangue con vari metodi senza considerare il nutrimento delle cellule, allora non è accettabile il conseguimento della normalizzazione della glicemia senza alcun effetto benefico per l’organismo.

La compensazione energetica si preoccupa di consentire all’organismo di poter disporre dell’energia necessaria per fare il proprio lavoro e l’energia da spendere nel tempo libero, nel metabolismo basale e nelle perdite, che immancabilmente si hanno.

Basta pensare al calore, che l’organismo disperde continuamente verso l’esterno.

Per aumentare l’energia disponibile nell’organismo la terapia deve tenere conto del bilancio energetico, consentendo all’energia immessa nell’organismo con i pasti di raggiungere le cellule per nutrirle, in modo che possano esprimere tutta l’energia, che è necessaria per vivere una vita il più possibile normale.

È il miglioramento delle condizioni di vita, che deve consentire al paziente diabetico di svolgere la propria vita sapendo che tutto quello che era possibile fare per la cura del diabete è stato fatto in serenità di coscienza.

 

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