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Diabete. Il cerchio magico.

Il diabete è una malattia cronica caratterizzata dalla presenza nel sangue di una quantità di glucosio maggiore di quella che si riscontra nel sangue delle persone sane.

La patologia è cronica, cioè non è prevista la guarigione dalla malattia.

Il paziente diabetico tende a mantenere nel proprio sangue una quantità di glucosio, la glicemia, che è maggiore di quella ritenuta normale per le persone sane.

In un post già pubblicato è stato definito il “punto di equilibrio glicemico” come quell’intervallo di glicemia in cui il sistema di regolazione della glicemia non interviene perché lo ritiene normale.

Se il valore della glicemia fuoriesce dall’intervallo, definito come punto di equilibrio glicemico, il sistema di regolazione della glicemia fa sì che il pancreas secerni insulina se il valore della glicemia è maggiore del punto di equilibrio glicemico oppure secerni glucagone in caso contrario, in cui il valore della glicemia è inferiore al punto di equilibrio glicemico.

Nel paziente diabetico il punto di equilibrio glicemico si sposta verso l’alto, per cui nel sangue si ha un valore di glicemia maggiore di quello presente nel sangue delle persone sane.

Periodicamente sono pubblicate delle norme standard di riferimento, cui sono invitati ad attenersi i medici operatori del settore diabetologico, in particolare diabetologi e medici di famiglia.

La terapia per fronteggiare il diabete segue le modalità previste negli “Standard italiani per la cura del diabete mellito 2014”, ultima edizione edita a cura delle associazioni sindacali che rappresentano in Italia i medici diabetologi, cioè l’Associazione Medici Diabetologi (AMD) e la Società Italiana di Diabetologia (SID).

In quest’ultima edizione degli Standard sono apparse alcune importanti novità.

Per la diagnosi del diabete sono consigliate solo le prove con il bicchierone con la soluzione di glucosio e le analisi del sangue venoso fatte in laboratorio.

Scarso affidamento viene considerato per le analisi della glicemia misurata sul sangue capillare estratto da un dito della mano e il riferimento all’emoglobina glicata, o glicosilata, per mancanza di metodi di analisi standardizzati.

In particolare, se l’analisi del sangue capillare è fatta da una persona in camice bianco, non si può escludere l’influenza del camice bianco sul risultato.

Pare che il paziente si emozioni quando il prelievo è fatto da un medico o da un infermiere in camice bianco e che il risultato non sia affidabile.

L’effetto del “camice bianco” è dovuto probabilmente all’influenza a livello psicologico sul paziente con scariche di adrenalina, che vanno ad alterare il risultato dell’analisi.

Con una certa soddisfazione si apprende che buona parte dei programmi, che trattano i dati glicemici, che scaturiscono dall’autocontrollo, determinano la dose dell’insulina tenendo anche conto della velocità di variazione della glicemia, che corrisponde al criterio di regolazione denominato “astatico”.

Nel dosaggio dell’insulina non bisogna seguire i valori della glicemia aumentando o diminuendo il dosaggio dell’insulina a seconda del valore della glicemia.

Tale sistema di dosaggio corrisponde alla regolazione “statica” che è molto instabile, per cui il paziente è soggetto ad alti valori di glicemia seguiti da profonde ipoglicemie e di nuovo forti iperglicemie e via di questo passo.

Anche se dai medici è suggerito di aumentare notevolmente il valore del dosaggio dell’insulina in caso di sbalzi di glicemia per es., superiori a 50 mg/dl, non bisogna aumentare di molto il dosaggio perché altrimenti si va in instabilità glicemica con la conseguenza che la glicemia diventa ingovernabile.

Occorre possibilmente mantenere la dose d’insulina suggerita dal medico nella tabella glicemia-insulina al limite aumentata di una o due unità.

L’alto valore della glicemia può essere dovuto a vari fattori.

Se si è mangiato un cibo scarsamente digeribile, la digestione comincia qualche ora dopo e la misura della glicemia può essere stata fatta nel momento della digestione, in cui è come quando si è appena mangiato e la glicemia sale di molto.

Occorre mantenere la calma e non stravolgere il dosaggio stabilito dal medico nella tabella glicemia-insulina.

Una paziente, diabetica da parecchi anni, è assistita dalla figlia, che provvede a fare l’autocontrollo glicemico e a fronte di una glicemia di 180 mg/dl a distanza di due ore dopo il pasto, inietta alla paziente dieci unità di insulina rapida, con il risultato di mandare la paziente direttamente in forte ipoglicemia.

Il dosaggio dell’insulina è stabilito dal medico e non deve essere stravolto con iniziative avventate, anche se fatte a fin di bene.

Si può variare il dosaggio di una o al massimo di due unità rispetto ai valori stabiliti dal medico nella tabella glicemia-insulina.

Negli Standard non si fa riferimento al metodo di regolazione del dosaggio dell’insulina basato sulla feedback, cioè nel considerare l’effetto provocato sulla glicemia dalla dose precedente d’insulina e tenendo conto della variazione dei valori della glicemia per aggiustare il dosaggio dell’insulina secondo un software molto prudente e preparato da personale particolarmente esperto.

Per quanto riguarda l’emoglobina glicata si fa riferimento sempre al legame covalente, che legherebbe l’emoglobina al glucosio per tutta la durata della vita delle molecole di emoglobina e non invece alla più moderna considerazione di legami cooperativi e di altro tipo, che legano e slegano in continuazione le molecole di emoglobina e quelle del glucosio.

Il legame tra emoglobina e glucosio è un legame dinamico che non dura a lungo, pur rimanendo costante istante per istante il numero di molecole di emoglobina glicate, cioè legate alle molecole di glucosio.

Il numero delle molecole glicate dipende dalla concentrazione del glucosio presente nel sangue, la glicemia.

Non tutte le molecole di emoglobina sono impegnate nella glicazione allo stesso modo.

È chiaro che le molecole di emoglobina di nuova formazione sono fresche fresche e maggiormente impegnate nello stabilire legami con il glucosio in confronto alle molecole, che hanno già una certa età e sono un po’ malandate e prossime alla fine.

Qualche sito internet di medicina comincia a stimare, che il 50% delle molecole glicate interessa molecole nate nel primo mese.

Nei post già pubblicati su questo blog è stato ampiamente trattato il problema dei coefficienti Hb.

Attraverso lo studio dei coefficienti Hb si può stabilire come la glicemia delle persone ammalate di diabete non può essere ai livelli della glicemia delle persone sane, ma deve mantenersi un pochino al di sopra.

Per il paziente diabetico l’ideale è di mantenere una glicemia nel campo tra 110 e 120 mg/dl.

Se si mantiene un livello di glicemia inferiore, c’è il rischio che il midollo osseo ne risenta limitando la formazione di nuovi globuli rossi e quindi di nuova emoglobina.

La malattia diabetica è fatta risalire a un difetto, anche ereditario, del midollo osseo, che a livelli di glicemia quali quelli delle persone sane comincia a perdere colpi e a produrre quantità inferiori di globuli rossi, forse anche non proprio perfetti.

Il fenomeno è superato dall’organismo alzando il livello glicemico nel sangue.

È abbastanza facile dedurre che l’aumento della glicemia è richiesto dal difettoso funzionamento del midollo osseo nei pazienti diabetici.

Le cure apprestate sono volte a stimolare il pancreas a secernere nuova insulina o addirittura è iniettata dall’esterno la quantità d’insulina, che manca per fare abbassare la glicemia a livello delle persone sane.

Occorre prendere atto che il riferimento non deve essere la glicemia delle persone sane ma la glicemia sostenibile dai pazienti diabetici, cioè 110-120 mg/dl, senza rischiare di compromettere la formazione di nuovi globuli rossi andando incontro a guai seri.

L’organismo cerca di reagire, di difendersi, per es., nella glicolisi dal piruvato invece di formare tutto acetil-coenzimaA forma in parte il lattato, che mediante la gluconeogenesi è trasformato in glucosio, alzando la glicemia nel sangue del paziente diabetico.

Se la glicemia sale, normalmente, seguendo la tabella glicemia-insulina, si aumenta la dose d’insulina iniettata.

L’organismo fabbrica altro lattato e nel successivo ciclo di Krebs lo percorre tutto fino alla fine per arrivare al malato, che è anch’esso trasformato in glucosio.

L’organismo cerca di difendersi come può, ma la lotta è impari perché arriva sempre l’iniezione d’insulina per ricacciare giù la glicemia.

Occorre darsi una regolata.

L’obiettivo deve essere un valore di glicemia compreso tra 110 e 120 mg/dl mantenuto costantemente rispettando la tabella fornita dal medico e senza fare stravizi nel mangiare.

Se si mangia per acquisire solo le energie consumabili, il valore della glicemia diventa stabile e si mantiene un indice di massa corporea sempre accettabile.

Occorre considerare che un eccesso d’insulina è un danno enorme per l’organismo, che spesso è costretto a subire l’instabilità glicemica perché l’eccesso d’insulina porta all’ipoglicemia, allora si mangiano biscotti e dolci e si finisce in iperglicemia, si aumenta ancora il dosaggio dell’insulina e si ricomincia con l’ipoglicemia.

Questa è una storia di scemi che lottano contro il proprio organismo secondo la loro grande intelligenza e con poca conoscenza di quello che fanno e del male, che si procurano.

A questo punto è abbastanza chiaro che la terapia per combattere il diabete può diventare contro natura, perché il ricercare nei pazienti diabetici valori di glicemia quali quelli che si hanno nelle persone sane comporta una reazione dell’organismo, che cerca di difendersi aumentando la glicemia.

Più giusto sarebbe investigare sullo stato del midollo osseo e cercare di aumentarne l’efficienza.

Se si aumenta il numero dei globuli rossi, si aumenta il numero delle molecole di emoglobina disponibili con un effetto benefico, per es., sul trasporto di ossigeno ai tessuti.

In corrispondenza di una migliore ossigenazione dei tessuti l’organismo fabbrica meno lattato e quindi non è riciclato parte del glucosio del sangue.

L’ossigenazione dei tessuti diventa l’elemento principale per la lotta al diabete.

Molte volte ci si chiede come sia possibile che in tutto il mondo il diabete sia in costante aumento il che dimostra che la terapia è totalmente inefficace.

Occorre considerare com’è gestita l’assistenza sanitaria oggi nel mondo.

A seconda della nazione, che si considera, cambia il sistema di assistenza ma quasi ovunque c’è una certa organizzazione nel fornire l’assistenza ai malati di diabete.

I risultati sono deludenti, se si considera che alla fine le complicanze tardive combinano un sacco di guai e i medici curano, tagliano, amputano, secondo i sacri riti della medicina.

Le società farmaceutiche fabbricano medicinali, che servono per alleviare i sintomi, i dolori e le conseguenze della malattia, ma che alla fine portano sempre alle complicanze tardive.

Un paziente diabetico si lamentava che le società farmaceutiche fabbricano medicinali che non guariscono altrimenti andrebbero in fallimento.

Chissà quanto è lontano dal vero il suo ragionamento.

Onestamente si deve ritenere che l’assistenza sanitaria così com’è fornita attualmente per la cura di una malattia cronica come il diabete, è largamente deficitaria.

L’OECD che è l’Organisation for Economic Co-operation and Development, cioè l’Organizzazione mondiale per la cooperazione economica e lo sviluppo, cui corrisponde in Italia l’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) si è occupata qualche anno fa dell’assistenza sanitaria con particolare riguardo al tipo e alla bontà dell’assistenza e alla spesa sanitaria.

L’OECD ha pubblicato qualche anno fa uno studio sull’assistenza medica nel mondo, non trascurando il lato economico dell’organizzazione dell’assistenza medica.

Confrontando l’assistenza sanitaria fornita nei vari paesi membri, tra le altre cose è stato individuato un mezzo per raggiungere un sostanzioso risparmio della spesa sanitaria, prendendo esempio da quanto avveniva già in alcuni paesi.

L’OECD ha individuato nelle “liste d’attesa” per le prestazioni sanitarie fornite dalla pubblica assistenza un mezzo efficace per conseguire un risparmio economico nella spesa sanitaria.

Gli italiani sono un popolo molto intelligente e non si sono fatti scappare l’occasione e hanno messo in atto procedure ad alto rendimento economico utilizzando proprio le liste d’attesa.

Oggi per chi ha bisogno di una visita o di qualsiasi intervento in ospedale o comunque in ambulatori o strutture gestite dal SSN (Servizio sanitario nazionale) è necessario sottostare a tempi d’attesa, che vanno da sei mesi a un anno e anche di più.

In alcuni casi si supera anche abbondantemente il limite di validità delle ricette mediche.

Le strutture pubbliche lavorano sempre, tutti i giorni ma il personale impegnato nei servizi al cittadino è una frazione irrisoria del personale necessario per assicurare un servizio efficiente.

Si potrebbe pensare che per es., negli ospedali ci sia personale insufficiente, ma non è così.

Il personale sanitario che lavora negli ospedali o nelle strutture pubbliche è tanto numeroso da essere considerato anche sovrabbondante.

Il personale destinato ai servizi è gestito così male che il rendimento in termini di servizi effettuati è irrisorio.

Alle visite mediche è destinata solo una minima parte dei medici in servizio, mentre gli altri medici sono destinati a partecipare ai congressi, a dirigere gli uffici, a fare studi di ricerca, a perdere tempo con bazzecole amministrative, a girare per i corridoi, a occuparsi di attività che non alleviano il bisogno di servizi richiesto dai pazienti, che hanno bisogno di essere assistiti.

Occorre aspettare tempi assurdi oppure occorre rivolgersi alle visite private pagate di tasca propria fior di quattrini.

Non si scopre l’acqua calda se si afferma che la gestione degli ospedali e delle altre strutture mediche è così scadente che desta meraviglia come la magistratura non ci metta il naso e faccia passare una volte per tutte la volontà di approfittare di questo andazzo di cose, mentre la povera gente ha bisogno e non è assistita come dovrebbe.

Le dimensioni di una struttura medica devono essere a misura di utenza.

Il numero dei servizi da fare deve essere stabilito dalle richieste di questi servizi e non dalla cattiva gestione delle strutture pubbliche da parte di dirigenti incapaci.

Tutto il personale che può fare i servizi deve intervenire e le liste d’attesa devono essere considerate motivo di demerito per i dirigenti medici e comunque per i responsabili.

Certamente chi dispone di risorse pecuniarie può accedere ai servizi a pagamento presso le strutture private, dove magari è visitato dagli stessi medici, che lavorano nelle strutture pubbliche e arrotondano lo stipendio lavorando anche nelle strutture private, ma la povera gente, che non dispone di risorse finanziarie adeguate, cosa può fare?

Non si può continuare in questo modo, deve cambiare tutto il sistema di gestione dell’assistenza sanitaria.

I medici che operano nelle strutture pubbliche non devono poter fare professione libera, com’è per tutti i dipendenti dello Stato.

Avere ambulatori privati, dove si fanno solo visite a pagamento, è diventata la norma per i dipendenti pubblici.

Un primario in servizio in un ospedale al quale si chiedeva quanti medici erano addetti alle visite mediche ha risposto citando un numero nettamente inferiore al totale dei medici presenti in servizio.

“E Lei cosa fa?”

“Io dirigo, io non faccio visite mediche in ospedale, però faccio visite private a pagamento in intramoenia o, se vuole, anche allo studio.”

Al momento di una visita medica presso un grande policlinico un paziente si sente chiedere:

“Chi la segue?”

Il paziente fa finta di non capire, di non sapere che l’hobby preferito dai medici, che operano in quel policlinico è di reclutare pazienti da portare nel proprio studio privato per visite a pagamento di diverse centinaia di euro.

Si avvicina, guarda negli occhi il medico o la dottoressa e risponde: “In questo momento mi sta seguendo Lei.”

La reazione già prevista è un irrigidimento della spina dorsale e una repentina giravolta a 180 gradi con allontanamento rapido lasciando il paziente solo a rimuginare. “Ma cosa ho detto?”

Questo stato di cose non può durare.

Le strutture pubbliche esistono non per dare modo ai medici di reclutare pazienti per visite a pagamento o per non fornire un’assistenza accettabile, per cui i pazienti si devono rivolgere al privato.

Le strutture pubbliche quali ospedali, ambulatori e le altre strutture esistono e costano moltissimo per dare assistenza medica ai cittadini, che ne hanno bisogno.

Un paziente più che ottantenne si sottopone a un esame elettrocardiografico presso un ospedale.

Il tracciato presenta degli artifici, un andamento tremolante con oscillazioni di piccolissima ampiezza.

La diagnosi è: “Fibrillazione atriale.”

I casi sono soltanto due: o il medico, che ha fatto la diagnosi, non è medico o vuole fare preoccupare il paziente al fine di portarlo nel suo studio privato per sottoporlo a ulteriori approfondimenti a pagamento.

È abbastanza comune l’usanza tra i pazienti di sottoporsi a visite private a pagamento da parte di specialisti.

La prima visita è suggerita di solito dal medico di famiglia, che indica il nome di uno specialista per risolvere il problema di cui soffre il paziente.

Non è raro il caso in cui lo specialista formula una diagnosi, che è così grave da paventare un pericolo di vita imminente e improvviso.

Il medico prescrive ulteriori accertamenti presso stimati specialisti, che confermeranno la diagnosi e anzi aggiungeranno qualcosa della loro professionalità, rimandando a un accertamento da farsi da parte di un nuovo specialista, e così via, il giro dei medici specialisti continua.

Il paziente è stato immesso in un “Cerchio magico”, formato da un giro di medici specialisti coordinati tra di loro, che riescono a ricavare dal paziente il massimo degli euro di cui il paziente può disporre per risanare la propria salute.

La povera gente, immessa nel cerchio magico, arriva dove può.

Un operario è single e va di solito a pranzo a mezzogiorno dalla propria mamma.

“Figlio mio, oggi dobbiamo saltare il secondo perché i soldi non mi sono bastati.

Tra le tasse, le bollette e le visite mediche, i soldi sono finiti.”.

La povera gente soffre in questa società deformata da una gestione disumana dell’assistenza sanitaria.

Quando un paziente entra nel giro delle visite mediche a pagamento, difficilmente, ne può uscire perché gli vengono descritte condizioni di salute disastrose, per cui è costretto a ulteriori accertamenti medici a pagamento.

Il paziente entra nel “cerchio magico”, inventato dai medici di pochi scrupoli, e sono tanti, per togliere alla povera gente gli ultimi spiccioli della pensione o dello stipendio.

I più colpiti sono i bambini.

I genitori non badano a spese per le cure, di cui hanno bisogno i bambini.

E le persone anziane si preoccupano della loro salute e vanno a fare visite mediche a pagamento.

“Non prenda alcun medicinale, se prima non lo vedo io.”

Eppure ci sono i medici di famiglia, che fanno le visite mediche senza ritardi.

Il fascino del cerchio magico finisce per abbindolare un po’ tutti i pazienti, che temono per la propria salute.

Lo specialista ha un fascino speciale, perché si ritiene che ne sappia di più, sia più preparato.

I medici di base generalmente non sono specialisti e, se lo sono, possono avere una specializzazione, che non riguarda la patologia, di cui soffrono la maggior parte dei pazienti.

I medici di base sono costantemente sottoposti a pressioni da parte dei medici dirigenti delle ASP, che continuano a lamentarsi di un’eccessiva spesa sanitaria.

Se si prendono due specialità diverse per una patologia, è fatto obbligo di eliminarne una, che guarda caso, è sempre la più costosa.

La minaccia è quella della contestazione con addebito del costo al medico del medicinale ritenuto superfluo, generalmente quello più costoso.

I medici di famiglia cercano di presentare la cosa come se la seconda specialità, quella più costosa, in realtà è perfettamente inutile, perché c’è già la prima specialità, che copre la terapia più che abbondantemente.

E se si prendono compresse, per es., da 5 mg occorre passare alle compresse da 10 mg, dividendole a metà.

E’ evidente che il costo delle compresse da 10 mg è inferiore a quello di due compresse da 5 mg.

Questo sistema di assistenza medica è farraginoso.

Le società farmaceutiche fabbricano medicinali e non devono fallire.

La produzione di medicinali deve essere la massima possibile.

A prescrivere i medicinali ci sono i medici di base e gli specialisti.

Gli specialisti sono pagati con gli stipendi delle strutture pubbliche e gli onorari delle visite private a pagamento.

I medici di base sono pagati dal SSN (servizio sanitario nazionale).

I servizi forniti dagli ospedali sono di qualità scadente inficiati dalle lunghissime liste d’attesa.

Alla fine c’è un gran movimento di soldi, che va dai pazienti o da quelli cui è fatto credere di essere ammalati di patologie anche gravi, verso i medici, i farmacisti e i fabbricanti di medicinali.

L’assistenza medica è di scarso valore, anche dal punto di vista medico per la scarsa efficacia organizzativa.

I medici devono ritenersi tutti ben preparati e non potrebbe essere altrimenti dopo anni di studi universitari e di pratica clinica negli ospedali e di esercizio della professione.

Quella che difetta è l’organizzazione dei servizi medici forniti al cittadino.

Le lunghe liste d’attesa per quelle persone, che non dispongono di risorse economiche, sono ostacoli insormontabili.

I ritardi nelle diagnosi delle patologie gravi, i ritardi nelle operazioni chirurgiche urgenti e necessarie sono ostacoli insormontabili per la povera gente.

Molte persone anziane, che avrebbero urgente bisogno di assistenza medica, sono condannate a una morte prematura.

Forse quest’andazzo non è proprio voluto.

Forse le persone, che muoiono prematuramente, liberano la pubblica amministrazione dal pagamento della pensione, che sia pur minima, percepiscono per un minimo di sopravvivenza.

Quanto può durare questo stato di cose?

Per quanto tempo la povera gente sarà sacrificata sull’altare delle visite a pagamento, del risparmio sulle prestazioni, delle medicine ridotte al minimo e solo a quelle di prezzo più basso, delle liste d’attesa?

Usque tandem, Catilina!

Ma il buon Cicero è già morto e sepolto.

E non rimane nemmeno la vergogna sui volti dei responsabili di questo abissale disservizio.

 

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