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Diabete. Media glicemica.

Il diabete è una malattia largamente presente nel mondo e la cui diffusione è in continuo aumento.

Le cure mediche per contrastare la malattia non sembrano efficaci e si limitano alla compensazione della glicemia, cioè al controllo del glucosio presente nel sangue cercando di mantenerlo entro certi limiti.

La storia della malattia è sempre la stessa, perché a un certo punto compaiono le complicanze tardive, la malattia si aggrava e le sofferenze sono notevoli.

Di fronte a una diffusa impotenza nel contrasto della malattia gli esperti diabetologi e i ricercatori sono impegnati a trovare nuovi elementi di cura e a capire meglio le varie caratteristiche della malattia per poterla combattere.

Su questo blog si trovano già pubblicati molti post, che trattano i vari aspetti della malattia e gli sforzi per poterla capire meglio e contrastare efficacemente.

L’uso di software dedicati consente il dosaggio ottimale dell’insulina e si è notato che il fabbisogno d’insulina diminuisce nel tempo, se la glicemia si mantiene sotto controllo.

Ciò è un risultato positivo, se si considera che la medicina attuale prevede un aumento del fabbisogno d’insulina nel tempo, perché ci dovrebbe essere la distruzione progressiva delle cellule attive del pancreas, le isole di Langerhans.

Il fatto che il fabbisogno d’insulina diminuisca può voler significare che il pancreas cominci a funzionare meglio e che le sue cellule, che fabbricano insulina, siano diventate più efficienti.

La medicina attuale studia la malattia con una serie di ricerche.

La ricerca è fatta prendendo in esame un gruppo di pazienti, il più grande possibile, per un tempo il più lungo possibile e osservando gli sviluppi della malattia fornendo ai pazienti un placebo e uno o più medicinali.

Quando il gruppo di pazienti non è molto numeroso, si ricorre alle metaanalisi per raggruppare i risultati conseguiti separatamente nelle analisi dei vari gruppi, che operano sugli stessi argomenti di ricerca.

Spesso i risultati delle varie ricerche sono contrastanti, specie quando valorizzano l’efficacia di questo o di quel medicinale.

È una ricerca di tipo sperimentale, che spesso si risolve in pura statistica.

È un tipo di ricerca facile, che impegna poco i cervelli dei ricercatori.

È la ricerca di tipo sperimentale tanto cara a Galilei.

Leonardo da Vinci aveva altre idee sulla ricerca e diceva: “Studia prima la Scienza e poi seguita la pratica nata da essa Scienza”.

Indubbiamente la ricerca sperimentale è più facile.

Ai pazienti diabetici non resta altro che sperare che la ricerca possa ottenere un qualche risultato di un certo valore.

Quando è diagnosticato il diabete, perché

  • la glicemia a digiuno è uguale o maggiore di 126 mg/dl oppure
  • la glicemia è uguale o maggiore di 200 mg/dl due ore dopo carico orale di glucosio (eseguito con 75 g) oppure
  • il valore dell’emoglobina glicosilata sia HbA1c ≥48 mmol/mol (6,5%) a condizione che il dosaggio sia standardizzato sotto determinate condizioni,

il medico di famiglia fa intervenire il diabetologo, che conferma la diagnosi e prescrive la cura più idonea personalizzata per il paziente.

Si inizia con una dieta particolare, povera di grassi e di carboidrati.

Il glucosio presente nel sangue, la glicemia deriva da quello che si mangia, dai pasti.

Riducendo la quantità del cibo e selezionandone la qualità si diminuisce la quantità di glucosio, che si forma nella metabolizzazione del cibo.

Il problema è molto chiaro.

Il glucosio presente nel sangue deve essere trasferito alle cellule dei tessuti e per fare attraversare le membrane cellulari è necessaria la presenza di un ormone proteico, l’insulina.

Nel diabete tipo due il paziente non ha una quantità d’insulina sufficiente a fare passare nelle cellule dei tessuti tutto il glucosio, il cui eccesso rimane nel sangue.

Con la dieta si diminuisce la quantità di glucosio, la glicemia, ma il problema è quello di vedere se il paziente ha una quantità d’insulina sufficiente per trattare tutto il glucosio.

Se il paziente non ha la quantità necessaria d’insulina, occorre provvedere associando alla dieta le pillole ipoglicemizzanti, che stimolano il pancreas a fornire una maggiore quantità d’insulina.

Il problema è sempre lo stesso.

Con la quantità aumentata d’insulina il paziente ha l’insulina necessaria per gestire il passaggio del glucosio attraverso le membrane cellulari dei tessuti o l’insulina è ancora insufficiente e quindi il glucosio in parte rimane nel sangue inutilizzato?

Se la quantità d’insulina è insufficiente, occorre fornire dall’esterno la quantità d’insulina che manca.

I pazienti sono restii a passare alla pratica delle iniezioni d’insulina, perché ritengono che le pillole siano sufficienti per controllare il diabete e che l’insulina rappresenti una schiavitù evitabile, finché si può.

Questo è un errore, perché, se non c’è una quantità d’insulina sufficiente, occorre per necessità passare alle iniezioni d’insulina, altrimenti la glicemia sale e la malattia va avanti.

L’insorgere delle complicanze tardive è dovuto anche a questo.

Se il glucosio rimane nel sangue, se c’è un’iperglicemia cronica, il diabete fa il suo corso, sopraggiungono le complicanze tardive e le conseguenze sono molto brutte.

Occorre tenere sotto controllo la glicemia cercando di mantenerla nei limiti accettabili.

Si è già visto che cercare di mantenere la glicemia al livello di quello presente nelle persone sane è un errore, cui l’organismo reagisce mettendo in circolo del glucosio, sia con la gliconeogenesi sia con il ciclo di Krebs.

Il diabetico deve mantenere un livello glicemico leggermente superiore a quello delle persone sane.

L’ideale sarebbe di avere una glicemia compresa tra 111 e 120 mg/dl.

Se si superano questi livelli, si va in iperglicemia e la malattia fa il suo corso, per cui è consigliabile mantenere la glicemia sotto stretto controllo.

Una delle analisi indispensabili per la cura del diabete mellito è quella della determinazione dell’emoglobina glicosilata.

Una certa percentuale di molecole di emoglobina, in presenza del glucosio, si lega a esso e si parla di glicazione e di emoglobina glicata o glicosilata.

Il legame tra emoglobina e glucosio, che la medicina ufficiale ritiene di tipo covalente, indissolubile, non trova conferma nella realtà.

Se il legame fosse di tipo covalente, le molecole di emoglobina e quelle di glucosio rimarrebbero legate a vita, che per l’emoglobina è quella dei globuli rossi, cioè circa tre mesi o poco più.

Questo è poco plausibile, perché presupporrebbe un comportamento delle molecole di emoglobina, appena nate, identico a quello delle molecole vecchie e ormai prossime a finire.

Alcuni studiosi parlano di legame cooperativo, altri di legami di altro tipo.

Si ritiene che le molecole più giovani abbiano una maggiore probabilità di legarsi al glucosio perché ancora integre, mentre quelle che hanno una certa età sono alquanto malandate e poco idonee ad accoppiarsi con il glucosio.

È plausibile che il legame non sia stabile ma temporaneo per cui le molecole si legano e si slegano in continuazione.

Il numero delle molecole glicate in percentuale si ritiene possa rimanere costante e che dipenda anche dalla quantità di glucosio e dalla quantità di emoglobina presenti nel sangue.

Negli ultimi “Standard italiani per la cura del diabete mellito 2014” è data scarsa importanza alla formula proposta dagli Americani, che lega il valore dell’emoglobina glicata al valore della glicemia media nel periodo di circa tre mesi.

È probabile che gli esperti abbiano trovato qualche difficoltà nella determinazione della glicemia media da introdurre nella formula.

Se si considera come glicemia media la media aritmetica dei valori della glicemia misurati con l’autocontrollo, i conti non tornano e non possono tornare.

Considerare la media aritmetica è in linea con il ritenere il legame covalente, i legami fissi e la scarsa considerazione del diverso comportamento dell’emoglobina in base all’età.

Il problema è stato risolto approfondendo il presumibile comportamento dell’emoglobina e confrontando le tante ipotesi formulate con i risultati delle analisi di laboratorio relative all’emoglobina glicosilata.

Figura1

Figura 1. Emoglobina attiva/giorni.

 

Nei precedenti post si è fatto riferimento a una figura, in cui compaiono tre curve:

Una di colore verde, una retta a 33.33 di ordinata, corrispondente al legame stabile e questa distribuzione non dà valori accettabili, se inserita nella formula dell’emoglobina glicata;

La seconda di colore rosso presuppone che il valore dell’emoglobina soggetta alla glicazione rimanga costante nel mese, per cui si hanno tre valori, con il valore maggiore nel primo mese;

La terza di colore blu ritiene che il valore rimanga costante per quindici giorni e assume il valore massimo nei primi quindici giorni.

Nessuna delle tre curve dà risultati pienamente soddisfacenti, anche se la curva di colore blu si avvicina con buona approssimazione al risultato, che si vuole conseguire.

Le tre curve sono accomunate dal fatto di avere tutte e tre lo stesso integrale da 1 a 90, cioè è costante l’area sottesa dalle tre curve, condizione questa indispensabile per fare un confronto accettabile dei risultati.

Un fatto importante è quello di ritenere che la glicazione sia proporzionale, oltre che alla quantità del glucosio presente nel sangue (glicemia) anche alla quantità di emoglobina.

Il problema che si è presentato è stato quello di considerare se l’influenza della glicemia sia indipendente dal valore della glicemia medesima o no.

Una glicemia di 100 mg/dl influenza la glicazione come una glicemia di 200 mg/dl?

È parso evidente che le due situazioni siano sostanzialmente diverse e che il peso dei 200 mg/dl debba ritenersi maggiore di quello dei 100 mg/dl.

Il problema è stato risolto moltiplicando i valori della glicemia per un coefficiente dipendente dai valori della stessa glicemia, per cui si è ritenuto in definitiva che la glicemia media dipenda dal quadrato dei singoli valori della glicemia moltiplicati per un coefficiente riduttivo.

Al di sopra dei 100 mg/dl i valori sono moltiplicati per se stessi e per un coefficiente riduttivo, che è stato determinato per tentativi successivi ed ha ormai un valore stabilizzato.

Rimane da considerare l’influenza dell’età delle molecole dell’emoglobina, per cui i valori singoli della glicemia sono moltiplicati per l’ordinata della curva con i diversi valori dei coefficienti moltiplicativi in base all’età dell’emoglobina.

Ogni giorno ha in questo caso un suo valore di ordinata, un suo peso.

Tutte le curve esaminate, circa trenta, e aggiustate con adeguamenti successivi hanno tutto lo stesso integrale da 1 a 90, e sottendono tutte la stessa area, che è quella sottesa della curva di colore verde.

Una volta stabilizzata la curva dei coefficienti moltiplicativi in base all’età dell’emoglobina, occorre fissare un coefficiente riduttivo del valore della glicemia media per adattare il valore a quello richiesto dalla formula dell’emoglobina glicosilata.

Confrontando i valori di emoglobina glicosilata con quelli ottenuti negli esami di laboratorio e calcolando la media delle deviazioni si è riscontrato il valore zero per una curva in particolare, che è stata scelta come quella più rispondente all’applicazione della formula dell’emoglobina glicosilata.

Questo risultato è plausibile perché, in base al teorema della media, assumendo come valore il valore medio, l’errore che si commette è sicuramente il minore errore possibile.

La deviazione massima tra i valori determinati via software e i valori determinati dai laboratori di analisi è stata di 0.2 solo in alcuni casi e per la maggior parte dei valori la deviazione è stata di 0.1 in più o in meno.

Figura2

Figura 2. Emoglobina attiva/giorni.

 

Nella figura si vedono la retta di colore verde al 33.33 di ordinata e la curva, che è stata la più rispondente per il confronto migliore tra i valori determinati nelle analisi di laboratorio e quelli determinati dal software in applicazione della formula.

Sono state provate più di trenta curve diverse, tutte con uguale integrale da 1 a 90 per rendere possibile il confronto fra esse.

È stata scelta la curva, che alla prova ha dato i risultati migliori di rispondenza tra i valori calcolati e quelli determinati nelle analisi di laboratorio.

Nei primi cinque giorni l’ordinata sale partendo da 1 e ritenendo che all’inizio le molecole di emoglobina non siano completamente formate.

Dal sesto al trentunesimo giorno l’emoglobina è nella sua massima attività, con ordinata superiore a 55.

L’emivalore si raggiunge al quarantasettesimo giorno, per puro caso in corrispondenza dell’intersezione con la curva di colore verde.

Dopo si ha una discesa delle ordinate secondo una linea circa esponenziale fino al valore di ordinata due al novantesimo giorno.

La curva va gradatamente a zero nel periodo successivo al novantesimo giorno.

Figura3

Figura 3. HbA1c, HbA1cverde e coefficiente Hb.

 

Nella figura 3 si notano tre curve.

La prima di colore marrone rappresenta i valori di emoglobina glicata determinati con la formula:

HbA1c% = (46.7 + glicemia media) / 28.7

che è la formula proposta dall’americana ADAG (A1c-Derived Average Glucose) e che funziona perfettamente ed è uno strumento validissimo per la determinazione dell’emoglobina glicosilata in funzione del valore medio della glicemia calcolato con gli accorgimenti di cui sopra.

Alle ascisse ci sono le date di un mese e alle ordinate i valori percentuali.

La seconda curva di colore verde rappresenta i valori dell’emoglobina glicata calcolati con i valori della curva verde della figura 2, che presuppone il legame covalente e indissolubile dell’emoglobina legata al glucosio.

Come si vede, i valori sono molto distanti da quelli determinati in laboratorio.

Considerare come glicemia media la media aritmetica dei valori conduce a errori non accettabili.

La terza curva di colore giallo rappresenta il coefficiente Hb, che è determinato dalla differenza delle prime due curve moltiplicata per dieci.

Il coefficiente Hb è molto variabile e rende chiaramente visibili le variazioni anche minime delle curve di HbA1c.

Il valore del coefficiente Hb dovrebbe essere compreso tra 3 e 4.5.

Valori maggiori di 4.5 stanno a indicare che l’emoglobina glicosilata potrebbe ancora scendere a valori inferiori senza eccessivi sacrifici.

Valori del coefficiente Hb minori di tre stanno a indicare una difficoltà dell’emoglobina di nuova formazione ad assumere legami con il glucosio, tali da giustificare le ordinate della curva di attività.

Valori del coefficiente Hb minori di due stanno a indicare uno stato di pericolo per l’insufficiente produzione di globuli rossi, per cui si rende necessario un esame emocromo… per controllare i valori riguardanti i globuli rossi in particolare emoglobina, ematocrito e volume globulare medio MCV.

La curva di attività carica delle ordinate maggiori i valori dei primi giorni per controllare anche il corretto ricambio delle molecole di emoglobina e per verificare che le molecole cessate siano sostituite regolarmente da nuove molecole giovani.

Se il coefficiente Hb scende, significa che la maggiorazione delle ordinate per le molecole giovani di emoglobina ha un effetto inferiore, in diminuzione, e questo è spiegabile con un’insufficiente produzione di nuovi globuli rossi da parte del midollo osseo.

Nel post dal titolo “Diabete. Ipotesi sulla nascita del diabete.” è stato trattato l’argomento più approfonditamente.

La lettura dei post già pubblicati su questo blog è fortemente consigliata per acquisire una maggiore conoscenza della malattia del diabete, acquisendo una cultura, che non può che essere molto utile per agevolare la cura del diabete mellito.

Il programma redatto in linguaggio VBA (Visual Basic Application) è fondamentale per seguire la malattia ed ha un fortissimo effetto psicologico sul paziente inducendolo a controllare efficacemente la glicemia e a non fare stravizi o passi falsi a tavola.

Il programma si dimostra fondamentale quando dovesse capitare una confezione di penne d’insulina alterata per conservazione non appropriata.

L’insulina va conservata in frigo stando attenti a non farla congelare.

Fuori dal frigo l’insulina si può conservare per circa 25 giorni, ma non è consigliabile tenere l’insulina fuori dal frigo.

Il programma è dotato di moltissimi grafici, che possono evidenziare se c’è qualche problema nella compensazione della glicemia.

Anche le pillole ipoglicemizzanti sono tenute sotto controllo e ritirate, se è il caso, dalla casa farmaceutica produttrice se ci dovesse essere qualche problema con gli standard di qualità nella produzione.

Il controllo della glicemia è fondamentale quando si dovesse verificare qualche inconveniente e le cose non dovessero andare come dovrebbero.

Se la glicemia è compensata e le medicine sono quelle giuste e in buona efficienza il diabete non desta particolare preoccupazione.

Occorre prestare sempre molta attenzione ai valori glicemici e a quelli dell’emoglobina glicosilata, non perdendo mai di vista anche il coefficiente Hb, che con la sua grande variabilità garantisce un controllo costante sulle buone condizioni di salute dei pazienti diabetici.

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