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Diabete. Il coefficiente Hb.

Molte volte in passato, esaminando il decorso della malattia diabetica, è stato messo in evidenza che è necessario, oltre una buona cultura del medico diabetologo, avere una buona cultura del paziente.

Se il paziente non comprende quello che gli dice il medico, non ci si può aspettare niente di positivo.

La cultura del medico è stata codificata negli “Standard per la cura del diabete mellito”, messi a punto e pubblicati a cura delle associazioni dei medici diabetologi italiani.

Per la cultura del paziente non ci sono standard e per questo ciascun paziente, quando vuole collaborare con il medico per migliorare lo stato della malattia, si arrangia come può.

In generale il paziente non si cura di avere una propria cultura, ma si affida totalmente al medico, ritenendo che il dosaggio dei medicinali, fatto dal medico, sia sufficiente a garantirgli una buona terapia per contrastare la malattia.

Si è rilevato in passato come il fatto che il paziente segua la terapia indicata dal medico e non metta nulla di suo sia la causa principale dell’aggravarsi della malattia, sempre maggiormente diffusa nel mondo.

Se il medico prescrive tre pillole il giorno, il paziente assume le tre pillole ed è convinto che il suo impegno finisca lì, per cui si sente libero di mangiare anche un bel piatto di pasta ben condito.

La glicemia in generale è soggetta ad alti e bassi e il paziente, seguendo il dettato dei medici, aumenta o diminuisce la dose d’insulina secondo il valore della glicemia.

Ciò porta ad avere instabilità nella compensazione della glicemia e l’eccessiva variazione dei valori dimostra come la compensazione glicemica sia difettosa.

Non bisogna mai correre dietro ai valori di glicemia con il dosaggio dell’insulina, perché in tal caso si va in instabilità nella compensazione e la glicemia diventa ingovernabile.

Quando il paziente è un ricercatore, egli sente l’esigenza di capire quello che gli dice il medico.

Se il ricercatore professionista si trova in pensione ed ha molto tempo disponibile da dedicare allo studio del diabete, si hanno le condizioni migliori per avere un contributo sostanziale diverso da quella che è la cultura del medico.

Nasce in questo modo una ricerca continua volta a migliorare le condizioni della terapia del diabete.

Tra le altre cose l’attenzione è attratta dall’emoglobina glicosilata.

Il valore percentuale dell’emoglobina glicosilata è assunto come indice dello stato della malattia.

Fino al valore di 6% il valore dell’emoglobina glicosilata è considerato normale.

L’obiettivo per il diabetico è di raggiungere valori di emoglobina glicosilata inferiori al 6%, perché in tal caso il dosaggio dell’insulina è da ritenersi perfetto.

Il dosaggio è fatto iniettando l’insulina nella quantità giusta, come se la dose fosse stata messa in circolo dal pancreas.

Quando si raggiunge questa condizione ottimale, la terapia insulinica è perfettamente dosata.

L’attenzione del ricercatore è attratta dall’emoglobina glicosilata, che costituisce materia di ricerca approfondita.

Gli americani hanno legato il valore dell’emoglobina glicosilata al valore medio della glicemia.

L’emoglobina presente nel sangue, in presenza di una quantità di glucosio superiore a quella presente nel sangue delle persone sane, tende più facilmente a legarsi con il glucosio e a formare l’emoglobina glicosilata in percentuale maggiore rispetto a quella che si nota nelle persone sane.

Maggiore è la quantità di glucosio presente nel sangue e maggiore sarà il numero di molecole di emoglobina che sono legate al glucosio, maggiore sarà il valore dell’emoglobina glicosilata percentuale.

Il valore dell’emoglobina glicosilata è assunto come indice dello stato della malattia diabetica.

Non è raro il caso in cui nei soggetti diabetici tale valore sia anche superiore all’8%.

Se il valore dell’emoglobina glicosilata dovesse superare il 9%, non può essere rilasciata o rinnovata la patente di guida degli autoveicoli.

La ricerca parte da quanto messo a punto dagli americani, che hanno pubblicato una formula, che lega il valore dell’emoglobina glicosilata al valore medio della glicemia.

Poiché si ritiene che l’emoglobina sia in vita per un periodo che va da due a quattro mesi, si ritiene che il legame tra emoglobina e glucosio duri per tutta la vita dell’emoglobina, cioè da due fino a quattro mesi.

È da ritenere che il legame non sia indissolubile e che piuttosto sia circa stabile il numero di molecole di emoglobina legate al glucosio, anche se le molecole non siano sempre le stesse, ma in percentuale il numero di molecole glicosilate si può ritenere abbastanza costante.

È plausibile che le molecole di emoglobina si leghino e si sleghino continuamente alle molecole del glucosio, conservando la stessa percentuale di molecole legate in ogni momento, anche se le molecole legate non sono sempre le stesse, ma si conserva il loro numero, che varia molto lentamente nel tempo.

L’emoglobina glicosilata ha valori che variano molto lentamente nel tempo e per questo è stata assunta come indice dello stato della malattia diabetica.

La formula approssimata, che lega il valore percentuale dell’emoglobina glicosilata al valore della glicemia media è la seguente:

HbA1c% = (46.7 + glicemia media) / 28.7

Il problema è ricondotto a stabilire quale valore di glicemia media occorre inserire nella formula.

Si è ritenuto che alti valori della glicemia favorissero i legami tra emoglobina e glucosio, per cui i valori di glicemia superiori a 100 mg/dl sono stati aumentati dell’1% circa.

Sono stati presi in considerazione vari modi di calcolare la glicemia media.

1) Il primo modo consiste nel determinare il valore medio della glicemia, misurata quattro volte il giorno, mattina, mezzogiorno, sera e bedtime, a digiuno prendendo come spazio di tempo due mesi, 60 giorni.

A titolo di esempio questo valore negli ultimi trenta giorni porta ad avere un’emoglobina glicosilata virtuale compresa tra 5.6% e 5.7%.

La curva che indica questi valori in grafico è stata posta di colore verde.

Questo valore è inferiore a quello che si ottiene nell’esame di laboratorio.

2) Nel secondo modo si esamina la probabilità che le molecole di emoglobina si leghino al glucosio in quantità diverse secondo la vita dell’emoglobina, ritenendo che sia maggiore la probabilità che molecole fresche di emoglobina si leghino meglio al glucosio rispetto alle molecole più vecchie e prossime alla fine della loro vita.

Si ritiene che molecole giovani di emoglobina abbiano più probabilità di legarsi al glucosio rispetto a quelle che sono prossime alla fine del loro ciclo vitale.

In particolare si assume come durata media della vita dell’emoglobina la durata di tre mesi, 90 giorni.

In base ai valori della glicemia, si applicano dei coefficienti moltiplicativi, dando maggiore peso ai valori più recenti di glicemia.

Si hanno due scale di coefficienti moltiplicativi.

La prima scala è buona per valori di emoglobina glicosilata maggiori del 6%, la seconda per valori inferiori.

Nel primo caso i coefficienti si assumono per scaglioni di 30 giorni e precisamente da 0 a 30 giorni il coefficiente è 0.54, da 30 a 60 giorni il coefficiente è 0.33, da 60 a 90 giorni il coefficiente è 0.13.

I valori dei coefficienti sono stati determinati per tentativi in via sperimentale.

Nel periodo considerato degli ultimi trenta giorni i valori dell’emoglobina glicosilata virtuale variano dal 6% al 6.3%.

La curva che esprime in grafico questi valori è stata posta di colore rosso.

Nel secondo caso i coefficienti variano ogni 15 giorni e precisamente da 0 a 15 giorni 0.65, da 15 a 30 giorni 0.55, da 30 a 45 giorni 0.37, da 45 a 60 giorni 0.24, da 60 a 75 giorni 0.14, da 75 a 90 giorni 0.05.

Nel periodo considerato degli ultimi trenta giorni i valori dell’emoglobina glicosilata virtuale variano dal 5.9% al 6.3%.

La curva che esprime questi valori in grafico è stata posta di colore azzurro.

L’emoglobina glicosilata virtuale prevedibile è uguale alla media tra i valori dell’emoglobina minima (punto 1) (curva verde) e quello dell’emoglobina di cui al punto 2 II° caso (curva azzurra), aumentata di 0.1%.

Sottoposto a verifica il valore dell’emoglobina glicosilata virtuale così calcolato con i valori di referto delle analisi di laboratorio, i risultati sono stati molto soddisfacenti riscontrando la piena corrispondenza per il tempo d’indagine durato circa due anni.

I valori di emoglobina glicosilata virtuale di cui al punto 2 I° caso (curva rossa) trovano applicazione per la determinazione del “coefficiente Hb”, cioè di un coefficiente che può sostituire il valore dell’emoglobina glicosilata, perché maggiormente indicativo dello stato della malattia diabetica.

Il coefficiente Hb è uguale alla differenza tra l’emoglobina glicosilata virtuale di cui al punto 2 I° caso (curva rossa) e il valore dell’emoglobina minima (curva verde) moltiplicato per 10.

Il valore del coefficiente Hb ottimale non dovrebbe essere superiore a 4.

Se la compensazione lascia a desiderare anche di poco il valore del coefficiente sale considerevolmente.

A titolo di esempio il coefficiente Hb aveva il valore 3.0 con un’emoglobina glicosilata virtuale di 5.8% ed è salito, 20 giorni dopo, a 5.5 con un’emoglobina glicosilata virtuale di 6.1%.

È evidente che il valore del coefficiente Hb varia molto di più, circa dieci volte, del valore dell’emoglobina glicosilata virtuale e che indica in modo più evidente le variazioni dello stato della malattia.

L’uso del computer consente di avere in ogni momento valori aggiornati sia di emoglobina glicosilata virtuale, corrispondente all’emoglobina glicosilata di referto di laboratorio, sia del coefficiente Hb.

L’esame dei grafici dà una forte spinta psicologica al paziente a migliorare, a comportarsi molto seriemente, perché la situazione può peggiorare considerevolmente alla minima disattenzione, specialmente in occasione delle festività, in cui si prevedono banchetti con succulente pietanze, che possono essere micidiali per i diabetici.

Occorre mantenere sempre viva l’attenzione e non perdere mai di vista i valori della glicemia.

L’uso del computer è fondamentale per gestire in maniera ottimale il dosaggio dell’insulina e per tenere sotto controllo i valori indicativi dello stato della malattia, come l’emoglobina glicosilata virtuale e il coefficiente Hb.

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