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Diabete. Il percorso.

Ci sono tre elementi che il paziente diabetico deve tenere in considerazione.
Per prima cosa deve considerare l’energia, che presumibilmente dovrà consumare durante il giorno.
L’energia è spesa per lavorare, per lo svago, per lo sport, per le passeggiate, per i lavoretti da fare in casa e anche in stato di riposo ci vuole un poco di energia per tenere in moto l’organismo.
A fronte dell’energia, messa in conto da spendere durante la giornata, occorre assumere i cibi con pasti, che forniscano la quantità di energia equivalente.
Normalmente tutti i cibi forniscono il glucosio, che è usato per nutrire le cellule del proprio corpo e in particolare quelle del cervello, che non contengono alcuna riserva di glucosio.
Il glucosio deve penetrare nelle cellule per compiere quelle trasformazioni, che in biochimica si chiamano glicolisi, per formare, con emissione di energia, i piruvati e l’acetil-CoA.
Per consentire al glucosio di penetrare nelle cellule è necessario l’intervento dell’ormone insulina.
Mentre per le persone sane il problema non si pone, perché il pancreas mette a disposizione e dosa tutta l’insulina necessaria, per i pazienti diabetici il pancreas non è in grado di fornire tutta l’insulina necessaria o l’insulina prodotta non è in grado di svolgere il proprio lavoro, per cui il glucosio resta nel sangue e non penetra nelle cellule.
Nel sangue dei pazienti diabetici si ha un accumulo di glucosio, la glicemia, misurabile facilmente nel sangue capillare con semplici strumenti.
Ci sono vari modi di curare il diabete: con la dieta, con le pillole ipoglicemizzanti, con le iniezioni d’insulina.
Qualunque sia il sistema di cura, i medici consigliano che la glicemia a digiuno prima dei pasti sia compresa tra 70 e 115 mg/dl nel sangue capillare, che equivale a circa 90 – 135 mg/dl nel sangue venoso.
Se si riesce a mantenere la glicemia entro questi limiti, si allontanano o non si verificano le complicanze tardive del diabete.
Il paziente che mantiene la glicemia tra 70 e 115 mg/dl si dice che è in stato di compensazione glicemica.
La compensazione della glicemia si deve fare a tavola, mangiando la giusta quantità di cibi corrispondente alle energie da spendere.
È sbagliato fare pasti abbondanti aumentando la dose dell’insulina.
Così facendo si ottiene il solo risultato di ingrassare.
Un’altra grandezza da considerare è l’emoglobina glicosilata, che è la percentuale di molecole di emoglobina, che si legano al glucosio e che nelle persone sane è al massimo il 6% e nei pazienti diabetici arriva all’8% e anche di più.
È difficile pensare che le molecole di glucosio si attacchino alle molecole dell’emoglobina a vita, mentre verrebbe da considerare una visione più dinamica, per cui le molecole glicate non sono sempre le stesse, ma si attaccano in continuazione a questa o a quella molecola di glucosio, rimanendo sempre pressoché costante in numero percentuale.
In un recente post è stato introdotto il concetto di “emoglobina glicosilata virtuale”, che è un valore di emoglobina più vicino a quello reale, essendo il valore del referto di laboratorio affetto da un errore, che può anche superare il 6%.
Ciò significa che a fronte di un valore di emoglobina glicosilata dell’8% di referto si può avere un valore reale compreso tra il 7,5% e l’8,5%.
L’emoglobina glicosilata virtuale, essendo ricavata dal valore medio della glicemia su 360 misure, è molto più precisa e molto più vicina al valore reale.
I pazienti diabetici seguono le istruzioni impartite dai medici e, nel caso mantengano la glicemia sotto stretto controllo, hanno una buona probabilità di non avere fenomeni di retinopatia, di neuropatia e di nefropatia, ciò significa che non avranno problemi agli occhi, al sistema nervoso, alle reni.
In pratica la compensazione della glicemia serve ad allontanare i rischi legati alle microvasculopatie.
Rimangono ancora i rischi legati alle macrovasculopatie, che sono di ben altra importanza e consistenza.
Un dato preoccupante proviene dalle statistiche, che dicono che il 66% dei pazienti diabetici muore per fenomeni cardiaci, come l’infarto, l’ictus, le trombosi, gli emboli.
Per evitare le macrovasculopatie, il controllo della glicemia sembra non essere molto efficace.
Proviamo a formulare delle ipotesi perché i fenomeni in realtà non sono così chiari.
La formazione dei trombi, grumi di sangue, avviene con un processo già conosciuto.
In caso di ferita o lesione delle pareti dei vasi, arterie o vene, il sangue comincia a sgorgare.
Nel sangue sono contenute le piastrine, che accorrono e si accumulano in prossimità della ferita per tamponarla.
Sulle piastrine si addensano fibrina, globuli bianchi, globuli rossi e sostanze grasse, che formano come un piccolo batuffolo, che tampona la ferita e impedisce al sangue di sgorgare.
Accade però che talvolta questi grumi si stacchino dalla loro sede e vadano in giro a procurare guai.
Questi grumi possono accumularsi lungo le pareti delle arterie restringendone la sezione fino a bloccare il flusso del sangue, provocando ischemie, cioè mancanza di sangue in alcuni tessuti.
I tessuti non più irrorati di sangue possono morire.
Per i pazienti diabetici, che sono stati colpiti da infarto al miocardio, i medici prescrivono la cardioaspirina da prendere ogni giorno a basse dosi.
La cardioaspirina riduce il numero delle piastrine presenti nel sangue ma ha lo svantaggio di poter provocare delle lesioni alle pareti delle arterie e delle vene, con conseguente richiamo delle piastrine in quel punto.
L’effetto principale della cardioaspirina dovrebbe essere quello di inibire la formazione delle prostaglandine e in particolare dei trombossani A2, che possono generare vasocostrizione con aumento della pressione del sangue, infiammazioni e formazione di trombi.
L’infiammazione porterebbe a una modifica nei globuli bianchi, che dovrebbero fronteggiarla.
Approfondendo l’argomento si devono prendere in considerazione gli acidi grassi.
Ci sono degli acidi grassi, come l’acido ecosatetraenoico (acido arachidonico) (AA), che favoriscono la vasocostrizione, l’infiammazione e la formazione dei trombi.
Ci sono anche degli altri acidi grassi come l’acido eicosapentaenoico (EPA) o l’acido docosaesaenoico (DHA), che favoriscono la vasodilatazione, con abbassamento della pressione del sangue, e non generano la formazione dei trombi.
I percorsi sono diversi perché l’acido arachidonico deriva dell’acido linoleico, mentre l’EPA e il DHA derivano dall’acido alfalinolenico.
Si è notato che per la formazione di questi acidi grassi è necessario un enzima, il delta-6-desaturasi, la cui disponibilità è limitata e per questo è conteso dalle due linee di reazione.
C’è un equilibrio tra la formazione degli acidi vasocostrittori (cattivi) e quella degli acidi vasodilatatori (buoni).
Pare che la sostanza che influisca su questo equilibrio sia l’insulina.
L’eccesso d’insulina favorirebbe la formazione degli acidi grassi cattivi, cioè la formazione dei trombi.
L’eccesso d’insulina vuol dire ipoglicemia.
In condizioni di ipoglicemia ci sarebbero le condizioni per la formazione di acidi grassi cattivi.
E’ stato notato che i pazienti diabetici da molti anni in cura con insulina, sono soggetti a frequenti fenomeni di ipoglicemia.
È assolutamente da evitare l’ipoglicemia, anche se un paio di ipoglicemie al mese siano considerate possibili.
Un bravo medico diceva che è meglio tenere la glicemia a 150 mg/dl ma costante, piuttosto che avere sbalzi, che possono portare alla ipoglicemia.
Applicando la deviazione standard al valore medio giornaliero della glicemia si vede che ci possono essere valori preoccupanti di ipoglicemia.
Andando a vedere dove si possono trovare le sostanze che portano agli acidi grassi buoni, si scopre che si tratta di cercare gli omega3, gli antiossidanti come il tè verde, ecc.
Sembra che un’alimentazione comprendente omega3 sia la migliore soluzione, ma si scopre che gli omega3 e gli antiossidanti, per i pazienti diabetici che usano ipoglicemizzanti orali con sulfaniluree, hanno effetti un po’ come l’alcool, cioè possono fare abbassare la glicemia e c’è quindi il rischio di lasciare insulina in eccesso, finire in ipoglicemia e, ciò che è molto grave, creare le condizioni per la formazione dei trombi.
Il pesce azzurro, che è la sorgente più comune di omega3, può anche provocare un ritardo nella digestione, per cui si ha l’effetto dell’insulina iniettata prima che il pasto formi una quantità sufficiente di glucosio, con conseguente ipoglicemia.

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