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Diabete. Instabilità glicemica

Il diabete è una malattia cronica caratterizzata da alti valori di glucosio nel sangue, la glicemia.

Il pancreas secerne l’ormone insulina per controllare la glicemia, al fine di mantenere la glicemia entro i valori di compensazione, tra 70 a 120 mg/dl.

Subito dopo i pasti la glicemia si alza e poi per effetto dell’insulina gradatamente scende fino ai valori di compensazione.

Per vari motivi la quantità d’insulina secreta dal pancreas può risultare insufficiente.

In medicina si utilizzano vari criteri per cercare di controllare la glicemia.

1.      Una dieta particolare, che tende a limitare la glicemia e la quantità d’insulina richiesta per metabolizzare le sostanze ingerite con i pasti. L’insulina secreta dal pancreas, se pur limitata, può risultare sufficiente.

2.      L’utilizzo di pillole ipoglicemizzanti, che hanno il doppio scopo di stimolare il pancreas a secernere una maggiore quantità d’insulina e quello di facilitare il compito dell’insulina per il nutrimento delle cellule.

3.      L’uso di iniezioni d’insulina da praticare in corrispondenza dei pasti.

I dosaggi dei vari medicamenti sono stabiliti dal medico e rispettati scrupolosamente dai pazienti e dai loro assistenti.

Spesso il paziente non è in grado di gestirsi con una certa affidabilità, per cui c’è bisogno dell’aiuto da parte di una persona intelligente, che sorvegli le operazioni più delicate, come il dosaggio dell’insulina e la scelta della giusta qualità d’insulina secondo le prescrizioni del medico curante.

Oggi il criterio che sembra dare i migliori risultati e quello del basal bolus, che prevede quattro iniezioni d’insulina: la prima di insulina rapida al mattino all’ora di colazione, la seconda di insulina 70/30 da praticare subito dopo il pasto di mezzogiorno, la terza di insulina rapida da praticare dopo il pasto serale e la quarta di insulina glargine da praticare ad bet time, cioè prima di andare a dormire.

Il paziente non affidabile può fare confusione tra insulina rapida e insulina glargine.

Iniettarsi insulina rapida al posto dell’insulina glargine può avere conseguenze terribili.

I dosaggi dell’insulina vengono stabiliti dal medico.

L’utilizzo del computer per regolare i dosaggi dell’insulina in base ai valori di glicemia ha dato ottimi risultati e dopo un certo periodo di regolazione dei dosaggi si sono ottenuti ottimi risultati:

1.      glicemia compresa tra 80 e 100 mg/dl;

2.      emoglobina glicosilata intorno al valore 6%;

3.      miglioramento sensibile delle complicanze, per es.:

·         regressione della retinopatia diabetica, per cui le arteriole del fondo dell’occhio appaiono belle pulite e senza quelle piccole emorragie proprie della retinopatia;

·         miglioramento delle cardiopatie ischemiche con scomparsa degli eventi anginosi;

·         controllo facilitato dell’ipertensione arteriosa, per cui è necessario diminuire la quantità dei farmaci necessari per il controllo della pressione, che risulta meglio stabilizzata;

Il permanere di ottimi risultati ha comportato dopo un certo tempo una certa diminuzione della dose d’insulina necessaria.

Il dosaggio dell’insulina viene fatto dai medici mediante criteri empirici, in base al peso corporeo, in base al valore della glicemia, in base a criteri personali giudicati forieri di risultati.

Tutti questi criteri vengono applicati normalmente per la cura del diabete, con risultati deludenti, se confrontati con quelli ottenibili con il dosaggio tramite computer.

Con tali metodi la compensazione della glicemia diventa problematica, anche perché si commettono moltissimi errori in buona fede.

Aumentare il dosaggio dell’insulina in base al valore della glicemia è un errore molto comune.

Per valori di glicemia maggiori di 180 mg/dl occorre tenere conto della glicosuria e del fatto che il pancreas aumenta la quantità secreta d’insulina rispondendo all’aumento dei valori della glicemia.

Il pancreas non è in grado di regolare la glicemia nel campo della compensazione, ma è comunque in grado di aumentare la quantità d’insulina secreta in risposta all’aumentato valore della glicemia.

Si nota talvolta che il fabbisogno d’insulina da iniettare per alti valori di glicemia diminuisce leggermente.

Non bisogna correre dietro ai valori della glicemia con il dosaggio dell’insulina, perché in tal caso la regolazione della glicemia diventa statica, che è una forma di regolazione altamente instabile.

Generalmente se si ha instabilità nei valori della glicemia vuol dire che il dosaggio dell’insulina è sbagliato.

Se la dose d’insulina è eccessiva il paziente ha un forte abbassamento della glicemia e va in condizioni di ipoglicemia, che sono altamente pericolose.

Il cervello non possiede riserve di glucosio e lo prende dal sangue.

Se il sangue è povero di glucosio il cervello ne soffre, fino alla perdita di conoscenza e rischio di morte.

Il paziente in ipoglicemia si dà da fare e ingoia sostanze zuccherate o si fa praticare iniezioni di glucagone.

Lo spavento per lo stato ipoglicemico spingono il paziente ad assumere quantità eccessive di zuccheri, per cui la glicemia sale considerevolmente.

Il paziente misura la glicemia e trova valori molto alti della glicemia. In questo caso gli vengono praticate ulteriori iniezioni aggiuntive d’insulina.

L’insulina fa effetto e la glicemia si abbassa.

In genere la quantità d’insulina iniettata è eccessiva e l’altalena dei valori della glicemia riprende.

Il paziente va dal medico e gli dice, per es., che ha misurato una glicemia di 320 mg/dl e i medico, ritenendo eccessiva la glicemia, gli aumenta il dosaggio dell’insulina.

E l’altalena continua.

Una paziente diabetica è assistita amorevolmente dalla propria assistente, che provvede anche a praticarle le iniezioni d’insulina.

Prima del pasto di mezzogiorno l’assistente pratica quattro unità d’insulina rapida alla paziente, secondo la dose stabilita dal medico curante.

Due ore dopo il pasto l’assistente misura la glicemia e trova 180 mg/dl.

Ritenendo eccessiva la glicemia, l’assistente inietta dieci unità d’insulina rapida alla paziente.

La paziente va in breve tempo in ipoglicemia.

Non conoscendo l’esistenza delle iniezioni di glucagone, l’assistente somministra bustine di zucchero a volontà.

Questo è un esempio dell’ignoranza con cui è assistita una paziente diabetica.

Per lei l’altalena è il minimo che le possa capitare e le strutture sanitarie non sembrano in grado di controllare questo fenomeno.

L’instabilità glicemica è lo stato più frequente nei pazienti diabetici.

La soluzione non sarebbe difficile.

Basta fare l’autocontrollo della glicemia a digiuno prima delle iniezioni d’insulina e annotare i risultati su un quaderno, annotando il giorno, l’ora, la glicemia, la dose d’insulina, eventuali note.

Ogni due settimane sottoporre il quaderno al medico curante che osserverà se , per es., a mezzogiorno i valori della glicemia a digiuno sono generalmente superiori a quelli della mattina, in tal caso aumenterà di una unità il dosaggio dell’insulina.

Se i valori dovessero essere inferiori, diminuirà sempre e soltanto di una unità il dosaggio dell’insulina.

Il medico confermerebbe i dosaggi se le variazioni dovessero essere trascurabili.

Nel dosaggio dell’insulina in questo caso si introduce il criterio della feedback o della retroazione, cioè la regolazione avviene in base al risultato, che influenzerà il dosaggio dell’insulina praticato in precedenza.

I valori di glicemia di mezzogiorno influiscono sul dosaggio dell’insulina della mattina al fine di ottenere una regolazione fine della glicemia dosando l’insulina.

Questo è un criterio di regolazione che a lungo andare può funzionare se il paziente si alimenta sempre in maniera regolare assumendo con i pasti sempre le stesse calorie più o meno.

Il paziente imparerà a capire che a seconda degli alimenti può avere risultati anomali nell’autocontrollo.

Il paziente dovrà scegliere pane per la cui lievitazione non sia stato aggiunto del saccarosio, perché il tal caso può avere un incremento della glicemia.

Il paziente potrà scoprire che la pectina, normalmente presente nelle confetture e nelle marmellate di frutta può ritardare considerevolmente l’assimilazione del glucosio, per cui se per uscire dallo stato di ipoglicemia si assume della marmellata è facile che si finisca in shock ipoglicemico.

Il paziente scoprirà che alla carne e al pesce, comprati al supermercato o dal macellaio, può essere stato aggiunto dell’acido lattico, come conservante, il quale ritarda la digestione di questi alimenti e si può andare in ipoglicemia, perché l’insulina iniettata fa effetto e non c’è per contro una certa quantità di glucosio dovuto al pasto.

Occorre selezionare i cibi, usando solo quelli provatamente sicuri senza rischiare.

Nel comprare la carne in vassoi, tagliata a fettine sottili, è facile imbattersi in forti quantità di acido lattico usato come conservante.

L’acido lattico ha un effetto molto deleterio per il paziente diabetico.

Mentre l’acido lattico usato come conservante della carne ritarda la digestione e manda il paziente in ipoglicemia con assunzione conseguente di zuccheri, quando finalmente consente la digestione della carne, come l’altro acido lattico prodotto dal diabetico nella glicolisi, va al fegato e con la gliconeogenesi si trasforma ancora in glucosio.

Mangiare carne cui è stato aggiunto acido lattico è molto pericoloso, perché sul momento si va in ipoglicemia e poi si va in iperglicemia per il combinato effetto degli zuccheri assunti per uscire dall’ipoglicemia e per il glucosio derivante dalla gliconeogenesi dell’acido lattico, usato per conservare la carne e per quello prodotto dal piruvato nella glicolisi.

Il risultato finale è una iperglicemia e l’innesco di una possibile instabilità glicemica.

A questi esempi se ne possono aggiungere tanti altri.

In ogni caso è da evitare l’instabilità glicemica, che deve essere subito corretta.

Un altro caso d’instabilità si ha se si pratica l’iniezione dell’insulina mezzora prima del pasto.

L’insulina rapida tipo aspart comincia a fare effetto circa dieci minuti dopo l’iniezione.

Il pasto inizia mezzora dopo l’iniezione, per cui si ha la condizione dell’insulina che fa effetto mentre il glucosio, legato al pasto, ancora non è prodotto.

L’iniezione d’insulina rapida, come quella della 70/30, va praticata venti minuti o mezzora circa dopo il pasto in modo da dare il tempo al pasto di fornire il glucosio da lavorare mediante l’insulina.

Se non si fa così, s’innesta ancora una volta il fenomeno dell’instabilità glicemica.

Lo stato ipoglicemico è molto pericoloso.

Un paziente ricoverato per cardiopatia ischemica in una unità coronarica ha vissuto una brutta esperienza.

A cena ha consumato pastina in brodo alla quale evidentemente era stato aggiunto dell’acido lattico per la conservazione.

Il glucosio, legato al pasto, ritarda mentre  l’insulina fa effetto.

Il paziente comincia a sudare.

Il paziente riconosce i sintomi dell’ipoglicemia e chiede una bustina di zucchero.

Orrore, lo zucchero a un diabetico?

Il paziente arriva a chiedere anche solo un cucchiaino di gelato.

Niente da fare.

Viene diagnosticato un infarto in corso.

Il medico di turno chiede di avere il monitor nel suo locale di riposo, per seguire l’evolversi della situazione.

Il paziente esce dall’ipoglicemia per l’aiuto di qualche Santo e si addormenta.

All’indomani nel suo sangue non risultano gli enzimi caratteristici del sangue dell’infartuato.

Lo stato ipoglicemico è caratterizzato di una insufficiente quantità di glucosio nel sangue.

Nel paziente affetto da cardiopatia ischemica, la sua patologia consiste in una scarsa affluenza del sangue al cuore.

Se la quantità limitata di sangue, che affluisce al cuore è scarsamente dotata di glucosio, dato lo stato ipoglicemico, la situazione peggiora notevolmente e può essere scambiata per un infarto in corso.

Oggi la cura del diabete si basa su criteri largamente superati.

Occorre che i medici prendano atto che le cure praticate per il diabete dalla medicina attuale sono fallimentari.

Il diabete nel mondo è in continuo aumento, sia per gravità della patologia che per quantità di persone affette da diabete.

I medici sono trincerati nei loro criteri fallimentari e guai a chi cerca di smuoverli.

Eppure se almeno leggessero tutti i miei posts sul diabete,  seguirebbero tutto un percorso che ho fatto personalmente negli ultimi quattro anni, percorso che mi ha portato, partendo da un’emoglobina glicosilata dell’8.5%, ad avere un’emoglobina glicosilata stabilizzata intorno al 6% , valori di glicemia a digiuno per oltre il 90% nel campo della compensazione e valori della deviazione specifica della glicemia compresa tra 25 e 35 mg/dl.

Oggi i pazienti seguono fedelmente le prescrizioni del medico e questo è un bene fondamentale.

Il paziente diabetico però ci deve mettere del suo, per es., nel capire quello che il medico gli dice,  e a ragionare sui vari alimenti, isolando quelli che non sono sicuri o che gli possono fare male.

Il paziente si deve rendere conto di tutte le anomalie nei valori della glicemia, cercando di capire perché si sono verificate.

Il paziente realizza così un bagaglio di conoscenze che gli consentono di capire la malattia e di non ripetere possibilmente gli eventuali errori del passato.

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