Categorie

Diabete. La terapia personalizzata.

Il diabete è una malattia cronica ampiamente diffusa nel mondo.

Il numero di persone affette da questa patologia è in costante continuo aumento.

Ciò significa che le terapie messe in atto, fino a questo momento, sono insufficienti ad arginare la malattia.

Per la cura del diabete si fa riferimento agli “Standard italiani per la cura del diabete mellito” editi per iniziativa delle due principali associazioni diabetologiche italiane: Associazione Medici Diabetologi (AMD) e Società Italiana di Diabetologia (SID).

Negli Stati Uniti d’America è attiva l’American Diabetes Association (ADA) e in Europa è presente l’European Association for the Study of Diabetes (EASD).

Nel corso di riunioni tra queste due ultime associazioni sono state messe a punto delle importanti considerazioni, innovative della terapia diabetica.

È stato osservato che, fermo restando che il compenso glicemico deve essere il più basso possibile, l’obiettivo in termini di emoglobina glicata deve essere adattato alle condizioni individuali del paziente, tenendo conto dello stato generale di salute e di molti altri aspetti propri del paziente.

Si è osservato che permane un elevato rischio legato alle ipoglicemie imputabili agli effetti dei farmaci ipoglicemizzanti con conseguenze cardiovascolari.

Secondo queste considerazioni si ritiene che il medico debba abbandonare i criteri di minimo valore della glicemia e dell’emoglobina glicata, adattandoli alle esigenze del paziente.

Un paziente, che è spesso soggetto a fenomeni d’ipoglicemia, dovrebbe compensare la glicemia su valori più alti, per evitare i rischi d’ipoglicemia e le relative conseguenze.

Il fatto che la terapia debba essere personalizzata è un elemento ormai ampiamente acquisito e le due autorevoli associazioni arrivano con un certo ritardo e non portano niente di nuovo.

Il dosaggio dell’insulina si fa generalmente consultando una tabella preparata dal medico, che in corrispondenza dei valori della glicemia riporta il dosaggio dell’insulina.

Questa tabella è personale, perché dipende dalle condizioni del singolo paziente.

La tabella è compilata dal medico, che tiene conto della glicosuria e del fatto che il pancreas continua a secernere insulina anche se in quantità insufficiente.

Il ritenere che per evitare le ipoglicemie si debba mantenere un valore più alto della glicemia media e quindi dell’emoglobina glicata è alquanto discutibile.

Mantenere più alto il compenso glicemico significa aumentare la possibilità delle complicanze e accorciare la vita del paziente.

La motivazione addotta è quella di limitare la possibilità che il paziente vada in ipoglicemia.

Ciò significa che la terapia è fasulla perché non può escludere che il paziente vada in ipoglicemia.

Occorre modificare la terapia per escludere i rischi per il paziente, inclusa la possibilità dell’ipoglicemia.

Le ipoglicemie non sono legate al voler mantenere bassi valori del compenso glicemico, ma al dosaggio dei farmaci per realizzare valori accettabili della glicemia.

Le ipoglicemie sono spesso dovute a un dosaggio eccessivo d’insulina a seguito di iperglicemie o all’assunzione di alcool in caso di farmaci contenenti sulfaniluree.

Le ipoglicemie sono la conseguenza di una cattiva gestione della terapia diabetica.

Occorre osservare subito che non è difficile mantenere una glicemia media su valori accettabili (90 – 110 mg/dl) con deviazioni limitate dei valori e di conseguenza un’emoglobina glicata intorno al 6%.

Ciò rende inutile l’aumento del riferimento per il compenso glicemico.

A un valore di emoglobina glicata dell’8% corrisponde una glicemia media di 183 mg/dl, che è esagerata e indice del fatto che la terapia non va bene.

Occorre tenere bene a mente che la glicemia dipende dall’alimentazione.

L’alimentazione deve fornire l’energia necessaria all’organismo, che è quella che si consuma durante il giorno.

Occorre alimentarsi secondo una dieta equilibrata.

Se si mangia di più, s’ingrassa, se si mangia di meno, si dimagrisce.

Tra i vari pasti ci deve essere una certa equivalenza in termini di Kcal o di energia acquisita per fare in modo che la dose d’insulina sia il più possibile adeguata.

La glicemia deve essere tenuta sempre sotto controllo, mediante autocontrollo in particolare con la terapia insulinica.

La terapia con ipoglicemizzanti e quella basata solo sulla dieta possono prevedere una o due analisi il giorno.

La terapia insulinica prevede un numero di analisi pari al numero delle iniezioni aumentato del 20% secondo gli standard.

I presidi per l’autocontrollo della glicemia sono forniti dalle ASP in numero spesso largamente insufficiente.

La modifica da apportare è quella di diffondere l’autocontrollo e di fornire i presidi sufficienti per tenere sotto controllo la glicemia.

L’autocontrollo della glicemia ha un forte effetto psicologico perché induce il paziente a cercare di rimanere sempre allineato con i valori indicati dal medico.

Se la glicemia è alta, si mangia di meno, se è bassa, si mangia un po’ di più, senza esagerare.

Purtroppo i medici delle ASP devono cercare di ridurre la spesa sanitaria.

La riduzione della spesa sanitaria non deve tradursi nel sacrificio della salute dei pazienti.

Già il solo autocontrollo sarebbe un valido aiuto per mantenere il compenso glicemico a valori accettabili.

I pazienti con terapia in “basal bolus” devono fare quattro iniezioni d’insulina al giorno.

Misurando la glicemia almeno quattro volte al giorno e inserendo i dati nel computer, si ottiene come risultato il corretto dosaggio dell’insulina, senza correre rischi d’ipoglicemie.

Se si hanno fenomeni d’ipoglicemia, vuol dire che la terapia empirica non è corretta.

Il dosaggio computerizzato dell’insulina elimina la possibilità delle ipoglicemie.

Il computer è in grado di adottare i criteri di regolazione dell’insulina mediante feedback, che consentono un dosaggio sempre perfetto ed eliminano il rischio dell’ipoglicemia.

Altro vantaggio è di avere sempre una glicemia media poco variabile e sempre centrata nell’intervallo 70 – 110 mg/dl.

Il dosaggio dell’insulina fatto con regole empiriche considerando il peso del paziente e la regola del due non è accettabile, anche se è preso in considerazione dai medici.

Questa è una delle cause dei motivi del fallimento della terapia diabetica.

Per un paziente che dovesse avere una glicemia di 250 mg/dl, si deve tenere presente il fenomeno della glicosuria e del fatto che il pancreas conserva sempre una certa efficienza sia pure su valori iperglicemici.

Un valore alto della glicemia provocherebbe una maggiore secrezione d’insulina da parte del pancreas e un fenomeno di glicosuria con versamento nelle urine della glicemia in eccesso, per cui il dosaggio dell’insulina potrebbe anche essere diminuito, perché occorre somministrare la differenza tra l’insulina necessaria al corpo per trattare il glucosio e quella prodotta naturalmente dal pancreas e quella non più necessaria perché parte del glucosio è stato eliminato nelle urine con la glicosuria.

La conseguenza dell’applicazione della regola del due è che dopo l’iperglicemia, il paziente è soggetto a forti ipoglicemie, che comportano una sovralimentazione con conseguente successiva iperglicemia.

Il paziente è soggetto all’alternanza di forti iperglicemie seguite da notevoli ipoglicemie in continua successione con forti rischi per la sua salute.

L’alternanza di ipoglicemie e di iperglicemie denota un’instabilità nella regolazione della glicemia tramite insulina e deve essere assolutamente evitata.

La terapia in questo caso è da considerarsi sbagliata.

Le cure adottate normalmente finora, con questi difetti molto gravi sono la causa del fallimento della cura del diabete.

Le complicanze tardive con queste terapie fasulle diventano inevitabili con tutti i danni a esse correlate.

Per una corretta terapia occorre:

  • Una dieta equilibrata che assicuri un numero equivalente di Kcal da un giorno all’altro per ciascun pasto in modo che il dosaggio dell’insulina sia facilitato;
  • Fare l’autocontrollo della glicemia, che ha anche effetti benefici dal punto di vista psicologico.
  • Fare un dosaggio computerizzato dell’insulina;
  • Fare passeggiate giornaliere a passo spedito evitando di compiere sforzi inutili.
  • Cercare di vivere tranquillamente, cercando di evitare arrabbiature e sollecitazioni psicologiche, che bene sicuramente non fanno.

Le regole sono poche ma devono essere seguite con la massima serietà.

Bisogna avere le idee molto chiare per affrontare una corretta terapia per contrastare il diabete.

Il diabete non è dovuto agli alti valori di glicemia.

Gli alti valori della glicemia non sono la causa scatenante della malattia ma una conseguenza del diabete, un indice della malattia in corso.

Esiste un piccolo intervallo di glicemia in cui il pancreas non interviene per regolare mediante secrezione d’insulina o di glucagone il valore della glicemia.

Questo breve intervallo di glicemia lo possiamo chiamare “punto d’equilibrio glicemico”.

Nel soggetto pre-diabetico questo punto d’equilibrio glicemico si sposta gradatamente nel tempo verso l’alto, per cui se, per es., raggiunge un valore di 120 mg/dl il pancreas non interviene con glicemia di 115 mg/dl, perché ritiene che 115 mg/dl sia un valore accettabile, normale, perché inferiore a 120 mg/dl.

L’iperglicemia è dovuta anche al fatto che nella glicolisi del glucosio, dopo tante reazioni si giunge al piruvato che, nelle persone sane viene trasformato in Aceti-CoenzimaA, che è fondamentale nel ciclo di Krebs per il metabolismo di glucidi, protidi e lipidi.

Nel diabetico parte del piruvato è trasformato in lattato, che è uno ione dell’acido lattico, che va al fegato ed è trasformato con la gluconeogenesi nuovamente in glucosio, che ritorna in circolo.

Il diabetico elabora lo stesso glucosio più volte perché parte di esso gli ritorna in circolo con il “ciclo del lattato”.

Nel diabetico il “ciclo del lattato” mantiene alta la glicemia perché parte del glucosio elaborato ritorna nuovamente in circolo e deve essere elaborato più volte.

L’acido lattico è prodotto normalmente a seguito di sforzi muscolari continuati.

Nel diabetico l’acido lattico è prodotto anche in assenza di sforzi muscolari prolungati e si accumula nei muscoli prima di essere rielaborato tramite la gluconeogenesi.

Se si riuscisse a fare diminuire la produzione del lattato sicuramente migliorerebbero le condizioni di salute del paziente diabetico.

L’ossigenazione dei tessuti sembra avere un effetto benefico sulla riduzione del lattato.

Sembra che l’assunzione di omega3, come quella di vitamina C, si sia dimostrata inefficace per favorire l’ossigenazione dei tessuti nei soggetti diabetici.

L’evoluzione della terapia nella cura del diabete prevede inizialmente la dieta, in seguito si passa alle pillole ipoglicemizzanti e infine si passa all’insulina.

Nella fase iniziale il diabete è curato prima con la sola dieta, poi con le pillole ipoglicemizzanti, prima che la situazione si aggravi e si deve passare all’insulina.

Si deve notare come, finché non si passi all’insulina, il diabete vada avanti, si sviluppi quasi del tutto indisturbato, per cui la terapia serve solo a fare perdere tempo, a fare peggiorare la situazione e portare il paziente verso le complicanze tardive in assenza di cure efficaci.

È inutile e rischioso perdere tempo quando si ha a che fare con una malattia così terribile.

Se il pancreas non è in grado di fornire da solo la quantità d’insulina necessaria, occorre iniettare insulina dall’esterno senza esitazioni, perché in caso contrario non si fa che peggiorare la situazione.

Una corretta dieta è auspicabile e fondamentale per la terapia diabetica.

La stimolazione del pancreas tramite sostanze ipoglicemizzanti è benefica per la terapia, ma se nonostante tutto non c’è la disponibilità della giusta quantità d’insulina, occorre integrare con iniezioni d’insulina dosate correttamente.

Il corretto dosaggio dell’insulina deve essere fatto tramite computer.

Le regole empiriche sono da evitare perché troppo rischiose.

Un problema per il diabetico è l’aumento del peso corporeo, per cui al paziente è consigliato di fare del moto, lunghe passeggiate a passo sostenuto.

Se l’aumento di peso è inarrestabile, al paziente viene di solito aumentata la dose giornaliera d’insulina per limitare la glicemia.

Aumentare il dosaggio dell’insulina in questo caso comporta un aggravamento dell’obesità e rappresenta un errore molto evidente.

Al paziente che tende all’obesità deve essere consigliato di mangiare di meno, anche molto di meno.

Il paziente deve ingerire un pasto, che abbia circa le stesse calorie, la stessa energia di quella di cui ha bisogno e che deve essere consumata fino al pasto successivo.

È lodevole che le maggiori organizzazioni mondiali si occupino del diabete, ma occorrerebbe prima di tutto correggere gli errori presenti nella terapia.

Con queste prospettive per i pazienti diabetici ci sono pochissime speranze di vedere migliorate le loro condizioni di salute.

Occorre fare un salto di qualità nella trattazione della malattia, migliorando l’efficacia della terapia ed eliminando gli errori di solito commessi in buona fede.

Comments are closed.