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Diabete. Ipotesi.

La ricerca è una fonte inesauribile di nuove idee, che devono essere tutte studiate, sviluppate e verificate.

Le origini della malattia diabetica sono l’argomento di questa ricerca.

I concetti espressi costituiscono un’ipotesi di studio, senza avere una qualche pretesa di valore scientifico, secondo i criteri attuali propri della ricerca in campo medico.

Nello studio, che è stato fatto sull’emoglobina glicosilata, pubblicato su questo blog, è emerso che il sangue umano è caratterizzato da una parte liquida, il plasma, in cui sono immersi i globuli rossi, i globuli bianchi, le piastrine oltre a varie sostanze, tra cui il glucosio.

Nel citoplasma dei globuli rossi è contenuta una proteina, che è fondamentale per il trasporto dell’ossigeno ai tessuti, l’emoglobina.

L’emoglobina si trova nelle particolari condizioni, per cui si possa instaurare un legame con le molecole di glucosio, con cui essa può venire a contatto.

Le molecole di emoglobina, quando si legano al glucosio, diventano emoglobina glicata o glicosilata.

Se il legame fosse di tipo covalente sarebbe stabile e durerebbe per tutta la durata della vita dell’emoglobina, che è quella dei globuli rossi e che dura circa tre mesi.

Ciò significa che le molecole di emoglobina legate al glucosio rimarrebbero sempre le stesse per tutta la durata della vita dell’emoglobina, che è quella dei globuli rossi, circa novanta giorni.

Data la dinamicità delle particelle, non è da escludere che tra emoglobina e glucosio possa instaurarsi un legame di tipo dinamico, per cui le molecole di glucosio possono attaccarsi e staccarsi in continuazione dalle molecole di emoglobina, rimanendo costante istante per istante il numero di molecole di glucosio legate all’emoglobina.

Istante per istante l’emoblobina glicosilata percentuale mantiene un valore stabile e costante, dipendente comunque dal numero di molecole di emoglobina e dal numero di molecole di glucosio presenti nel sangue in quell’istante.

Nello studio fatto negli Stati Uniti d’America dall’ADAG (A1c-Derived Average Glucose) sono state indicate le formule, che legano i valori dell’emoglobina glicosilataHbA1c espressa in percentuale alla glicemia media AG (Average Glucose) espressa in mg/dl.

AG[mg/dl] = 28.7× HbA1c −46.7

Il valore della “glicemia media” così ricavato è utile per conoscere quale sia stato l’andamento medio della glicemia degli ultimi tre mesi.

Per ottenere la HbA1c virtuale occorre esplicitare la formula:

HbA1c = (AG[mg/dl] +46.7) / 28.7

Si pone il problema se il legame tra emoglobina e glucosio interessi allo stesso modo tutte le molecole di emoglobina o ci possono essere delle differenze a seconda dell’età delle molecole di emoglobina, che è l’età dei globuli rossi..

Lo studio ha evidenziato che ci sono delle differenze in base all’età delle molecole di emoglobina, per cui le molecole più facilmente glicosilabili sembrano essere quelle di nuova formazione, mentre le molecole vecchie, ormai prossime a morire sembrano non partecipare se non in maniera trascurabile alla glicazione.

È chiaro che le molecole di emoglobina di nuova formazione sono fresche fresche e maggiormente impegnate nello stabilire legami con il glucosio in confronto alle molecole, che hanno già una certa età e sono un po’ malandate e prossime alla fine.

Il problema è quello di determinare il numero di molecosle glicosilate in base all’età delle molecole di emoglobina.

Lo studio ha prodotto una serie di curve di distribuzione lungo l’arco di novanta giorni, che è la durata media in vita dei globuli roassi e quindi anche dell’emoglobina, che ad essi è legata.

È risultato che inizialmente i legami sono più frequenti mentre all’approssimarsi del novantesino giorno i legami sono pochissimi, quasi trascurabili.

Applicando la formula dell’ADAG il software in uso allo scopo di determinare il dosaggio dell’insulina, determina anche il valore istantaneo dell’emoglobina glicosilata.

Un aiuto notevole è stato apportato dall’introduzione del “Coefficiente Hb” definito come proporzionale al rapporto tra il valore dell’emoglobina di nuova formazione rispetto al valore dell’emoglobina media.

Il coefficiente Hb è un indice della percentuale di emoglobina di nuova formazione in confronto all’emoglobina media presente nel sangue.

Il valore del coefficiente Hb si considera un numero puro.

Giorno dopo giorno si è seguito l’andamento dell’emoglobina gliosilata e il valore del coefficiente Hb, che normalmente dovrebbe essere compreso tra tre e quattro.

Un valore del coefficiente Hbmaggiore di quattro indicherebbe un valore di emoglobina glicosilta eccessivo, con notevole apporto di emoglobina di nuova formazione e notevole presenza di glucosio nel sangue, mentre un valore inferiore a tre indicherebbe un’insufficiente generazione di nuova emoglobina e quindi di nuovi globuli rossi con valori bassi della glicemia.

Si è constatato che con un’emoglobina glicosilata minore del 5.8% il valore del coefficiente Hb è molto basso, per cui è da ritenere che il numero di nuovi globuli rossi si riduca al minimo.

Con valore di emoglobina glicosilata inferiore al 5.8% la produzione di globuli rossi si riduce al minimo.

Se l’emoglobina glicosilata assume i valori presenti nelle persone sane ( dal 4.5% al 6%), la produzione di globuli rossi risulta minima e addirittura si arresta.

Se il soggetto diabetico potesse avere i valori d’emoglobina glicosilata uguali a quelli delle persone sane allora non potrebbe avere una produzione di nuovi globuli rossi e la situazione diventerebbe tragica.

L’organismo avverte la scarsa produzione di globuli rossi e ritiene che il midollo osseo, data la scarsa produzione di globuli rossi e il basso valore dell’emoglobina glicosilata, sia in difficolta.

Con una emoglobina glicosilata inferiore al 5.8% la produzione di globiuli rossi è molto bassa, per cui l’organismo ritiene di correre ai ripari aumentando il glucosio, che è presente nel sangue, la glicemia.

Aumentando il glucosio del sangue, la glicemia, l’emoglobina glicosilata aumenta, dato che sono più favoriti i legami tra emoglobina e glucosio per l’aumentata disponibilità di glucosio nel sangue.

A questo punto il sistema di regolazione del glucosio entra in funzione e ci si aspetterebbe che il pancreas fosse chiamato a produrre una maggiore quantità d’insulina per contrastare l’aumento della glicemia.

L’organismo non può consentire che la sua azione, volta ad aumentare l’emoglobina glicosilata tramite aumento della glicemia,sia resa vana e allora, contemporaneamente all’aumento della glicemia, induce una parziale inibizione delle funzioni di regolazione della glicemia e una parziale inibizione della produzione d’insulina pancreatica, che farebbe diminuire la glicemia e renderebbe vano il tentativo di aumentare la glicemia per aumentare la glicosilazione dell’emoglobina.

Contemporaneamente all’aumento del glucosio nel sangue è parzialmente inibita l’immissione in circolo di nuova insulina, perché altrimenti la glicemia scenderebbe a valori più bassi e sarebbe annullato l’effetto sul midollo osseo dell’aumento della glicemia.

Si ritiene che il diabete consista in questo.

Il diabete non è la constatazione che la glicemia assume valori superiori a quelli presenti nel sangue delle persone sane, ma è l’effetto della diminuizione della produzione di nuovi globuli rossi e quindi di emoglobina, che induce l’organismo ad aumentare la glicemia per aumentare il numero di molecole di emoglobina glicosilata.

La glicemia aumenta tanto da superare la glicemia normalmente presente nel sangue delle persone sane per stimolare la formazione di nuovi globuli rossi e aumentare l’emoglobina glicosilata.

Il difetto del midollo osseo, la diminuita formazione di nuovi globuli rossi provoca l’aumento della glicemia e la parziale inibizione dell’immissione in circolo di nuova insulina pancreatica, per non vanificare l’immissione del glucosio e per consentire la formazione di nuovi globuli rossi.

Questo meccanismo costituisce la patologia, che prende il nome di diabete.

Il diabete non è semplicemente la constatazione che nel sangue delle persone ammalate ci sia una glicemia aumentata rispetto a quella presente nel sangue delle persone sane, ma ha un’origine diversa.

Il diabete risulta dall’aumento della glicemia per consentire la produzione di nuovi globuli rossi e quindi di emoglobina glicosilata per sopperire alla diminuizione della produzione dei globnuli rossi, che si ha se i valori di glicemia,che si hanno,sono comparabili con i valori presenti nel sangue delle persone sane.

La patologia diabetica sta nel fatto che la produzione di nuovi globuli rossi decade e con essa quindidecade la produzione di nuova emoglobina, se la glicemia èquella presente nel sangue delle persone sane.

A questo punto occorre osservare che i globuli rossi non hanno bisogno d’insulina per rifornirsi di glucosio.

I globuli rossi sono come il cervello e il sistema nervoso, quando serve loro il glucosio lo prendono direttamente dal sangue, senza bisogno d’insulina.

L’insulina non c’entra con i globuli rossi.

Per fissare i termini ottimali della regolazione dell’emoglobina glicosilata nei pazienti diabetici si può considerare come accettabilissimo un valore dell’emoglobina glicosilatadel 6.5%.

Non è difficile ottenere e mantenere questo valore di emoglobina glicosilata,se si fa uso del software per la determinazione del dosaggio dell’insulina.

Per ottenere il valore di emoglobina glicosilata del 6.5% occorre mantenere una glicemia media misurata sul sangue capillare di circa 120 mg/dl, cui corrisponde una glicemia media misurata sul sangue venoso di circa 140 mg/dl.

A questo punto si può ritenere che la malattia diabetica sia dovuta a un difetto del midollo osseo, che nel diabetico ha bisogno di una glicemia aumentata rispetto a quella presente nel sangue delle persone sane per poter generare nuovi globuli rossi e quindi nuova emoglobina.

L’insulina da iniettare deve essere dosata in modo da mantenere l’emoglobina glicosilata intorno al valore del 6.5%.

È necessario che ci sia l’ausilio del software per dosare correttamente l’insulina e tenere sotto controllo il valori della glicemia e dell’emoglobina glicosilata.

L’insulina deve servire a fare transitare il glucosio presente nel sangue nelle cellule muscolari, che ne hanno bisogno per nutrirsi.

Non è corretto usare medicinali per eliminare il glucosio dal sangue senza utilizzarlo.

Occorre mantenere la compensazione glicemica e non trascurare la compensazione energetica per alimentare correttamente le cellule dell’organismo.

L’insulina deve servire per fare oltrepassare al glucosio le membrane cellulari per nutrire le cellule dei tessuti muscolari dell’organismo.

Alcuni farmaci inibiscono la gluconeogenesi per limitare la glicemia.

L’inibizione della gluconeogenesi per limitare il glucosio presente nel sangue, porta a mantenere nel sangue sostanze come l’acido lattico, che combina guai e certamente bene non fa.

I medicinali devono servire peragevolare il passaggio del glucosio attraverso le membrane cellulari per nutrire i muscoli.

Occorre diminuire la glicemia per il fatto che aumenti la quantità di glucosio, che attraversa le membrane cellulari e non per lo scarico della glicemia con vari metodi, senza aumentare la quantità di glucosio, che va a nutrire le cellule.

Non bisogna dimenticare che tra i muscoli da nutrire adeguatamente c’è anche il miocardio e, se noi lo manteniamo in stato di denutrizione per lungo tempo, non ci dobbiamo poi meravigliare che il miocardio può anche farci qualche brutto scherzo.

Occorre non dimenticare che la stragrande maggioranza di morte per i soggetti diabetici dipende da cause cardiache, per cui occorre porre la massima attenzione al nutrimento del muscolo cardiaco.

In definitiva occorre controllare la glicemia in modo da nutrire adeguatamente i muscoli e occorre anche mantenere un’emoglobina glicosilata intorno al 6.5% per consentire il regolare rifornimento di nuova emoglobina.

Come il cervello va in ipoglicemia se la glicemia scende sotto il valore di circa 70 mg/dl, così si può ritenere che il midollo osseo vada in sofferenza per bassi valori di glicemia e soprattutto bassi valori di emoglobina glicosilata.

Occorre fare una buona osservazione delle condizioni del paziente diabetico e, dal momento che non può avere la glicemia delle persone sane, non può avere l’emoglobina glicosilata delle persone sane, occorre controllare i valori della glicemia e quelli dell’emoglobina glicosilata in modo da ridurre al minimo i danni dovuti alla malattia diabetica.

Essenziale è mantenere la compensazione glicemica e la compensazione energetica con riferimento a una glicemia media intorno al 120 mg/dl, che assicura un’emoglobina glicosilata intorno al 6.5%

 

 

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