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DIABETE. LA CURA DEL PAZIENTE DIABETICO.

Standard per la cura del diabete mellito 2016.

Da qualche mese è disponibile la pubblicazione degli “Standard per la cura del diabete mellito 2016”.

La pubblicazione riguarda il Capitolo V, “Cura del diabete”, ed è stata fatta a cura dell’AMD (Associazione Medici Diabetologi) e dalla SID ( Società Italiana di Diabetologia).

La pubblicazione contiene le regole, cui attenersi per la cura del diabete mellito ed è rivolta al personale medico, medico specialistico, infermieristico e ai pazienti, la cui collaborazione è ritenuta fondamentale per la riuscita della cura.

In particolare è posto l’accento sulla cultura del paziente, ritenendo che un paziente istruito possa dare il proprio apporto per il miglioramento della cura del diabete.

 

Argomento del nostro esame è il diabete tipo 2.

In questo tipo di diabete l’ormone insulina, che serve a far transitare attraverso le membrane cellulari il glucosio, è insufficiente, per cui parte del glucosio rimane nel sangue, aumentando la glicemia e svelando la presenza della patologia diabetica.

L’insulina è prodotta dal pancreas e può verificarsi il caso che una sua parte sia incapace di svolgere il compito assegnatole.

Trascureremo questa parte d’insulina inutilizzabile e consideremo come prodotta solo la parte d’insulina utilizzabile.

 

Medici e ricercatori.

I medici di famiglia e i diabetologi devono prendere atto dei dettami degli “standard per la cura del diabete 2016” e attenersi ad essi per la cura del diabete mellito.

Normalmente i medici sono abbastanza zelanti ed applicano correttamente i dettami degli standard per la cura del diabete.

I medici agiscono sempre nel “campo delle conoscenze acquisite”, applicandole alla perfezione e questo garantisce una cura efficace e aggiornata alle più recenti innovazioni.

I medici non inventano niente.

Tutto quello che dicono è scritto da qualche parte nella letteratura medica.

 

Diversamente dal medico il ricercatore deve agire al di fuori del campo delle conoscenze acquisite e le conclusioni basate sulle sue ricerche, ove riconosciute valide, diventeranno in seguito a disposizione anche dei medici.

Tra medici e ricercatori non ci può essere “discussione” ma solo “colloquio” perché agiscono in campi nettamente diversi.

Il ricercatore esprime delle idee, che non possono essere capite o recepite dai medici, perché si collocano al di fuori del loro bagaglio di conoscenze.

Se le differenze sono sostanziali il medico sembra cadere dalle nuvole e ritenere che il ricercatore dica delle idiozie.

Il ricercatore è spesso ritenuto quasi un pazzo visionario, che dice delle cose assurde.

Questo è il prezzo del progresso, dovuto all’azione spesso solitaria e priva di fondi economici, da parte di ricercatori afflitti dalla malattia della ricerca e che portano avanti le loro idee, le loro convinzioni, che a prima vista possono sembrare assurde, ma poi, dopo i riscontri, sono riconosciute valide e applicate in linea generale.

 

Un classico esempio di ciò è quello che si è verificato durante una visita medica specialistica in un grande policlinico romano, dove il paziente era un diabetico ricercatore con oltre quarant’anni di esperienza professionale.

Il medico osservava che il paziente eludeva i canoni fondamentali su cui era basata la cura praticata in quel policlinico e si ostinava a non volere seguire le direttive della cura prevista nella letteratura medica e nelle procedure adottate in quel policlinico.

Con molta pazienza il ricercatore cercava d’illustrare le innovazioni, che lo avevano portato ad escludere l’efficacia della cura proposta.

Il medico si rabbuiava in volto e insisteva su quella cura già dimostratasi inefficace ed inutile.

All’esame del sangue risultava la perfezione dei valori raggiunti da paziente, che probabilmente avrebbero fatto invidia a qualche persona sana, ma il dottore insisteva e metteva per iscritto la cura ormai obsoleta.

 

La ricerca.

Il dramma della ricerca è questo.

Se la ricerca è condotta da gruppi ospedalieri di chiara fama, sponsorizzati da case farmaceutiche di prima qualità e condotta su un numero abbastanza alto di pazienti, allora è ritenuta affidabile, anche se i risultati sono stati gonfiati per nobilitare il prodotto dello sponsor.

La ricerca condotta da menti eccelse per necessità personali e portata avanti tra mille difficoltà, raggiungendo alla fine risultati di altissimo valore terapeutico, viene considerata scadente e l’autore soggetto a commenti del tipo: “Come si permette, questo individuo, che non è nemmeno medico, a fare simili affermazioni!.”

 

I motivi per cui la cura del diabete naviga in brutte acque, tutto a spese dei pazienti, che in definitiva sono gli unici a rischiare la loro pelle, sta proprio nella boria dei medici, nella loro ignoranza, più che sul sacrificio di tanti ignoti ricercatori, che pur non essendo primari di altissimi policlinici, rivendicano il diritto alle loro ricerche e al riconoscimento dei risultati conseguiti e conseguibili.

Questo inquinamento delle attività di ricerca e della loro diffusione produce talvolta mali irrecuperabili per la salute dei pazienti.

 

Diabete e glicemia.

Questa premessa per affermare che legare il diabete esclusivamente alla glicemia del paziente è un grave errore.

La medicina attuale considera la cura del diabete come un tentativo di “compensare” la glicemia, di ridurla nel campo in cui si trova nelle persone sane.

La glicemia non è la causa del diabete, ma una conseguenza della malattia.

Il diabete non si ha per effetto della glicemia elevata, che rimane nel sangue del paziente diabetico, ma per il fatto che rimanendo il glucosio nel sangue, la glicemia per difetto d’insulina non può oltrepassare le membrane cellulari e penetrare all’interno delle cellule per nutrirle.

 

Il diabete è dovuto all’insufficiente nutrimento delle cellule dovuto alla scarsa disponibilità d’insulina.

Le cellule sotto alimentate sono il motivo per cui ha origine la patologia diabetica.

La cura del diabete deve essere condotta con un riferimento preciso alla nutrizione delle cellule dell’organismo.

 

Per quanto la medicina ufficiale sia quasi ossessionata alla “compensazione della glicemia”, occorre fissare l’attenzione anche su altri parametri altrettanto importanti.

Il paziente diabetico deve essere curato per assicuragli una vita uguale a quella condotta dalle persone sane.

Le difficoltà della malattia devono essere tutte comprese e superate, assicurando al paziente diabetico una vita normale, simile a quella che hanno tutte le persone sane.

I guai prodotti dal diabete devono essere studiati e contrastati efficacemente onde consentire al paziente di svolgere la sua vita normalmente, come se il diabete non esistesse.

 

Al giorno d’oggi si presta molta attenzione alla glicemia, la si cura, la si compensa e poi?

Il paziente va incontro a peggioramenti continui.

La terapia viene modificata, finché il paziente va incontro alle complicanze tardive e alla fine.

 

Riprendiamo tutto dall’inizio.

 

La glicemia, il peso, l’energia.

Quando è formulata la diagnosi di diabete, il medico prescrive al paziente la terapia prevista dalla letteratura medica.

Gli elementi, che occorre considerare inizialmente, sono tre:

  1. La glicemia, cioè il contenuto di glucosio presente nel sangue, che nelle persone sane è compresa tra 70 mg/dl e 110 mg/dl e nei pazienti diabetici a digiuno è maggiore di 125 mg/dl o in qualsiasi momento della giornata può essere superiore a 200 mg/dl.

 

  1. L’indice di massa corporea, che corrisponde al peso in kg diviso per il quadrato dell’altezza in metri. Essendo l’altezza costante l’indice di massa corporea si ritiene proporzionale al peso corporeo. Per controllare l’indice di massa corporea basta controllare il peso corporeo.

Il peso corporeo (normopeso) deve essere tale da mantenere l’indice di massa corporea compreso tra 18.5 e 25. Peso corporeo = 25 * altezza2 = 25 * altezza * altezza.

Il peso corporeo non deve essere inferiore a 18.5 * altezza2 = 18.5 * altezza * altezza.

Per es., il peso corporeo di una persona, che è alta 1.75 m, dovrebbe essere compreso tra 18.5*1.752 = 56.66 kg e 25*1.752 = 76.56 kg.

È compito del medico stabilire il peso più idoneo per questa persona nell’intervallo 57 – 77 kg, in base alla struttura corporea, al sesso, etc.

 

  1. È della massima importanza la considerazione dell’equilibrio energetico.

L’equilibrio energetico è il bilanciamento tra l’energia necessaria all’organismo e quella che si assume con i pasti.

L’energia necessaria all’organismo è uguale alla somma di vari elementi.

Un elemento molto importante è il metabolismo basale, cioè l’energia necessaria per mantenere in vita l’organismo.

Il cuore, che batte, consuma energia.

I polmoni, che lavorano, consumano energia.

Al metabolismo basale occorre aggiungere l’energia, che in ogni trasformazione energetica va perduta.

Le perdite di energia sono sempre presenti e non annullabili.

In più occorre considerare “l’energia spesa per il lavoro e per le attività del tempo libero.”

Per es., un paziente che fa il camionista può consumare durante la giornata  circa 3200 Kcal.

 

Il paziente diabetico al momento della diagnosi ha valori della glicemia superiori al limite di 110 mg/dl.

Normalmente il medico fissa la propria attenzione sulla glicemia e si preoccupa di ridurla e inizia con il prescrivere una dieta alimentare per limitare la glicemia.

La dieta prevede una riduzione dei carboidrati, che sono quelle sostanze cui si fa carico della maggior quantità di glucosio presente nel sangue.

Il fatto vero è che tutte le sostanze, che noi immettiamo nell’organismo con i pasti, alla fine sono tutte trasformate in glucosio, che è l’unica sostanza, che le cellule dell’organismo accettano per il loro nutrimento.

Limitare i carboidrati ha l’effetto di limitare la quantità di glucosio nel sangue.

Il glucosio del sangue è prodotto da tutte le sostanze presenti nel pasto ed è proporzionale alle Kcal fornite dai pasti ,che immettiamo nell’organismo durante la giornata.

La dieta deve assicurare le Kcal necessarie e non deve essere limitata per diminuire il glucosio, perché in questo caso non si raggiungono le Kcal necessarie all’organismo per vivere e lavorare.

Di solito i medici generici e i diabetologi si preoccupano di riportare la glicemia nei limiti previsti per le persone sane, cioè 70 – 110 mg/dl, trascurando spesso il peso corporeo e soprattutto il bilancio energetico.

Il povero camionista,che aveva bisogno per fare il suo lavoro di 3200 Kcal, si vede costretto ad assumere con i pasti una quantità di energia inferiore, per cui non può lavorare bene, perché gli manca una quota molto importante di energia per svolgere tranquillamente il proprio lavoro.

Questo approccio con la malattia diabetica è sbagliato.

Non bisogna partire dalla glicemia, trascurando le altre voci, che intervengono nella patologia.

 

Una vita normale.

La terapia deve consentire al paziente diabetico di fare una vita normale, come quella delle persone sane, che non sono affette dalla patologia diabetica.

Il parametro da cui partire, che si deve prendere in considerazione per ottenere  questo risultato non è la glicemia ma il bilancio energetico.

Occorre partire dall’assicurare al paziente la disponibilità di una energia sufficiente per svolgere una vita normale, come quelle delle persone sane, che non sono affette dal diabete.

Occorre anche controllare il peso corporeo, correggendo eventuali anomalie, quali sovrappeso,  obesità, eccessiva magrezza.

Infine occorre regolare la glicemia, onde riportarla nei limiti previsti per le persone sane.

 

Se il paziente diabetico lavora come camionista occorre assicuragli circa 3200 Kcal al giorno.

Disponendo dell’energia necessaria per svolgere il proprio lavoro, il paziente non risentirà della malattia nell’esercizio del proprio lavoro.

Se il peso corporeo è normopeso il paziente non avrà problemi legati al grasso, che si accumula in particolare nella cintura ombelicale, che pare sia molto pericoloso dal punto di vista cardiaco.

Se il paziente è sovrappeso o addirittura obeso occorre intervenire con la dieta in modo efficace per riportare il peso del paziente al normopeso, senza attentare considerevolmente alle 3200 Kcal giornaliere di cui ha bisogno per vivere e lavorare.

Una volta messi a posto l’indice di massa corporea e il bilancio energetico è lecito pensare a sistemare la glicemia.

 

Il paziente è diabetico, per cui la sua glicemia è al di fuori dei limiti e in particolare è di solito più alta dei 110 mg/dl.

Occorre portare la glicemia nei limiti previsti di 70 – 110 mg/dl.

Il glucosio è presente nel sangue per poter raggiungere tutti gli organi del corpo umano.

In particolare il glucosio è il nutrimento delle cellule dell’organismo.

Per potere oltrepassare le membrane cellulari occorre che nel sangue sia presente in quantità sufficiente l’ormone insulina, che è prodotto dal pancreas.

È estremamente importante che il paziente possa disporre della quantità necessaria d’insulina  per poter fare oltrepassare al glucosio le membrane cellulari per nutrire le cellule dell’organismo.

Può verificarsi il caso che l’insulina ci sia nel sangue in quantità sufficiente, ma una parte considerevole dell’insulina non sia buona per fare il proprio lavoro, che è quello di favorire il superamento delle membrane cellulari.

L’insulina in eccesso e non utilizzabile è inutile e si considera per semplicità come se non fosse stata prodotta.

Si considera solo la quantità d’insulina efficace, mentre si trascura la quantità d’insulina inutilizzabile.

Il paziente è diabetico di tipo 2 per il fatto che non dispone di una quantità d’insulina efficace sufficiente al suo fabbisogno, per cui una parte considerevole del glucosio rimane nel sangue, non potendo passare nelle cellule per mancanza d’insulina.

Il glucosio rimane nel sangue per mancanza d’insulina efficace per cui il paziente si dice che è affetto della patologia diabetica.

Se il paziente non  dispone della quantità d’insulina sufficiente affinché il glucosio passi nelle cellule e non rimanga nel sangue occorre fornirgli la quantità mancante d’insulina dall’esterno, mediante iniezioni, in particolare in occasione dei pasti, che forniscono il glucosio all’organismo.

 

In definitiva occorre assicurare al paziente la quantità di energia di cui ha bisogno per vivere e lavorare.

Occorre tenere sotto stretto controllo il peso corporeo con l’obiettivo di riportare , se necessario, il paziente al peso normale, al normopeso.

Occorre tenere sotto controllo la glicemia per mantenerla nei limiti previsti per le persone sane, 70 – 110 mg/dl.

 

La cultura medica.

Fissare la propria attenzione solamente sulla glicemia è un lavoro incompleto, che spesso porta a risultati disastrosi.

La cultura medica oggi prevede un controllo molto stretto della glicemia, con le seguenti fasi:

  1. La dieta.
  2. Il paziente non riesce a raggiungere gli obiettivi glicemici previsti (70 – 110 mg/dl).

Il medico prescrive le pillole ipoglicemizzanti.

  1. Il paziente non riesce a mantenere la glicemia nei limiti previsti e il medico prescrive le iniezioni d’insulina
  2. Insorgono le complicanze tardive.
  3. Il paziente è soggetto a enormi sofferenze e alle amputazioni, fino alla fine.

 

Questa scaletta è valida sempre che nella cura di farmaci ipoglicemizzanti non siano usate sostanze che abbassano la glicemia non per stimolazione del pancreas a produrre più insulina, ma con trucchi per eliminare il glucosio dal sangue, non apportando alcun beneficio alla patologia del paziente.

La patologia diabetica comporta una glicemia maggiore normalmente di quella presente nel sangue delle persone sane, ma non sta scritto da nessuna parte che se si elimina il glucosio in eccesso nel sangue si risolve la patologia diabetica.

Eliminando il glucosio, si ha una diminuzione della glicemia ma non si risolve la patologia diabetica.

 

La cura del diabete.

La cura del diabete deve consentire una vita normale, quale quella delle persone sane.

Il diabete fa danni non perché c’è un eccesso di glucosio nel sangue ma perché non si riesce a nutrire adeguatamente le cellule dell’organismo, per cui le cellule sono in sofferenza e si verificano i danni tipici della patologia.

Svuotare il sangue del glucosio non risolve il problema della patologia diabetica ma peggiora la situazione perché viene a diminuire e a mancare il glucosio per nutrire le cellule.

Occorre far oltrepassare alle molecole di glucosio le membrane cellulari , non eliminare il glucosio dal sangue.

La glicemia apparentemente è a posto, ma la patologia fa il suo corso e il paziente non ha alcuna speranza di salvare la pelle.

Le complicanze tardive saranno inevitabili e il paziente morirà tra atroci sofferenze.

 

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