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Il diabete. Dieta, farmaci e insulina.

Il diabete è una patologia molto diffusa nel mondo.

Le persone, affette da diabete, sono in continuo aumento, il che significa che le cure e le terapie previste non sono molto efficaci.

 

La cultura del paziente.

Il paziente diabetico deve maturare una propria “cultura del paziente”, da non confondere con la “cultura del medico” o con la “cultura del diabetologo”, che sono culture maturate in anni di studi universitari e di pratica clinica oltre che di esperienza professionale in campo medico.

Il paziente deve avere una sua particolare cultura, che gli consenta di dialogare con il medico e di capire quello che il medico gli dice.

Il colloquio tra medico e paziente è fondamentale, perché se il paziente non capisce quello che gli dice il medico, la cura del diabete ha scarse possibilità di riuscita.

 

La glicemia.

Tutte le sostanze ingerite, carboidrati, lipidi e protidi, alla fine sono trasformate tutte in glucosio, che è la sostanza accettata dalle cellule dell’organismo per il proprio nutrimento.

Il contenuto di glucosio nel sangue, la glicemia, nel paziente diabetico è maggiore di quello presente normalmente nel sangue delle persone sane.

 

La letteratura medica, per quanto riguarda il diabete, è tutta volta a considerare la glicemia, cioè il contenuto di glucosio presente nel sangue, come indice fondamentale dello stato della malattia diabetica.

La glicemia è costantemente monitorata e, in base ai valori misurati, è regolata l’alimentazione, la quantità e il contenuto del cibo assunto con i pasti.

 

Il paziente diabetico deve sapere che nel suo sangue è presente un eccesso di glucosio e che l’ormone insulina, secreto dal suo pancreas e utilizzabile per trattare il glucosio, è in quantità insufficiente.

Il pancreas può anche secernere una quantità maggiore d’insulina, ma il diabetico di essa ne può utilizzare per vari motivi solo una parte, per cui la disponibilità d’insulina è insufficiente.

È come se il pancreas secernesse solo la quantità d’insulina effettivamente utilizzabile, perché la quantità d’insulina non utilizzabile è come se non fosse stata prodotta.

 

La diagnosi.

La diagnosi di diabete si fonda sulla quantità di glucosio presente nel sangue, la glicemia, in due casi:

1) a digiuno se la glicemia è maggiore di 125 mg/dl;

2) in qualsiasi momento della giornata se la glicemia è maggiore di 199 mg/dl.

 

La diagnosi può essere fatta osservando se il valore dell’emoglobina glicata o glicosilata,

HbA1c, è maggiore o uguale a 48 mmol/mol (6.5%) con misura fatta secondo particolari procedure.

 

Dopo i primi risultati, che potrebbero indicare la presenza di diabete, il medico di base o il diabetologo prescrivono altre analisi e accertamenti, espletati i quali, se accertata, è formulata la diagnosi di diabete.

 

L’indice di massa corporea.

Formulata la diagnosi di diabete, gli accertamenti proseguono, per es., con la valutazione dell’indice di massa corporea, che è dato dal peso del paziente in kg diviso per il quadrato dell’altezza in metri.

 

IMC = Peso (kg) / (altezza(m))2 = Peso (kg) / ( altezza (m) * altezza(m))

 

L’indice di massa corporea di una persona in normopeso dovrebbe essere compreso tra 18.5 e 25.

Per valori maggiori la persona è considerata in sovrappeso e, se l’IMC è maggiore di 29, è considerata obesa.

Per valori inferiori a 18.5 la persona è considerata in sottopeso e, per valori inferiori a 15.5, è considerata in grave stato di magrezza.

 

La classificazione secondo l’IMC serve per capire se l’alimentazione del paziente ha bisogno di correzioni.

Un errore abbastanza comune, che si fa, è quello di trascurare lo stato di obesità del paziente, consentendogli di abbuffarsi e di correggere la glicemia con una dose maggiorata d’insulina.

La correttezza della terapia deve essere tale da garantire lo stato di normopeso del paziente diabetico.

La regolazione del peso è della massima importanza per garantire il buono stato di salute del paziente diabetico.

 

Le energie.

Altro elemento da prendere in considerazione è l’energia, di cui ha bisogno il paziente per vivere.

L’organismo umano ha bisogno di energia, da acquisire con i pasti, per mantenere in vita il proprio corpo, (per es., il cuore che batte consuma energia), per sopperire alle perdite di energia, (per es., il calore, che il corpo emana verso l’esterno è energia, che lascia il corpo per disperdersi nell’ambiente esterno), per l’energia spesa per il lavoro, per il tempo libero, per lo sport.

 

Energia acquisita con i pasti = energia spesa per mantenere il corpo in attività + perdite di energia + energia spesa per il lavoro e il tempo libero

 

Energia acquisita = energia spesa + le perdite

 

La persona ha bisogno di una quantità di energia variabile da circa 1500 Kcal a 3200 Kcal.

Se i pasti sono troppo abbondanti, il sovrappiù di energia finisce per aumentare il peso corporeo e si forma del grasso, che si accumula e si va verso il sovrappeso e l’obesità.

Se i pasti sono insufficienti, si consuma più energia di quella acquisita con i pasti e l’organismo è soggetto al dimagrimento.

La cura ideale del diabete deve consentire al paziente di fare una vita normale e di mantenersi in forma e normopeso.

Il controllo delle Kcal assunte con l’alimentazione è fondamentale per il paziente diabetico.

 

La dieta.

Il medico di base (o il diabetologo) dopo la diagnosi di diabete deve prescrivere le prime cure.

Il medico in genere inizialmente prescrive una dieta, in cui sono controllati i carboidrati e spiegherà quali sono i cibi e la frutta da preferire, rispetto a quelli da evitare.

Il paziente riceve dei fogli, in cui sono indicate la quantità dei cibi consigliati secondo la dieta.

Nella pratica il medico adotta il criterio per cui si comincia con la dieta.

Se il diabete peggiora si passa alle pillole ipoglicemizzanti.

Se il diabete dovesse ancora peggiorare si passa alle iniezioni d’insulina.

Questo criterio operativo è sbagliato.

Il paziente in questo modo non può fare altro che peggiorare il suo stato di salute.

La prescrizione della dieta è corretta ma non deve essere volta esclusivamente alla riduzione della glicemia.

L’attenzione dei medici è tutta polarizzata verso il valore della glicemia, ridotto il quale il problema è risolto.

Questo è sbagliato.

Occorre assicurare al paziente diabetico il poter svolgere una vita normale, conservando le proprie abitudini, il proprio lavoro, le proprie attività fisiche del tempo libero.

Questo comporta la disponibilità di una certa quantità di energia, che deve essere assicurata dalla dieta con i pasti.

La dieta deve essere volta a fornire l’energia necessaria affinché il diabetico possa fare una vita assolutamente normale.

La correzione del valore della glicemia non deve essere fatta riducendo l’energia disponibile, penalizzando la disponibilità fisica del diabetico, ma aggiungendo alla dieta la terapia farmacologica, in quanto necessaria.

La dieta deve fornire l’energia, le Kcal, necessarie per vivere normalmente, conservando le abitudini di vita, il lavoro, gli svaghi del tempo libero.

La prescrizione della dieta è un passaggio obbligato, perché il paziente, qualunque sia la terapia medica prescritta, deve sempre osservare una dieta sana per migliorare il suo stato di salute.

La dieta da sola può anche non bastare per risolvere il problema del fabbisogno energetico e per questo deve essere eventualmente integrata con la terapia farmacologica.

Attendere il peggioramento della malattia per associare alla dieta la terapia farmacologica è sbagliato.

 

L’insulina.

L’ormone insulina ha la funzione di trattare il glucosio presente nel sangue (la glicemia) e di far sì che il glucosio possa penetrare nelle cellule per il loro nutrimento.

Il paziente diabetico in genere non dispone della quantità d’insulina da utilizzare per trattare tutto il glucosio presente nel suo sangue.

Si potrebbe diminuire l’energia dei pasti in modo tale da rendere bastevole l’insulina disponibile, secreta dal pancreas del paziente.

In questo caso verrebbe a ridursi anche l’energia spendibile e il paziente non potrebbe fare la sua solita vita.

Il paziente potrebbe non poter più disporre delle energie per lavorare o per lo svago e le attività del tempo libero.

Il paziente dovrebbe cambiare le sue abitudini di vita e questo non è accettabile.

La dieta deve assicurare le energie per vivere e lavorare, in modo da rendere la vita del paziente paragonabile a quella di una persona sana.

A fronte delle energie necessarie per fare una vita normale ci deve essere una disponibilità d’insulina tale da poter trattare tutto il glucosio del sangue.

 

Dosaggio dell’insulina.

Occorre valutare l’energia, che il paziente deve esprimere per vivere e lavorare.

A fronte di questa energia occorre valutare la quantità d’insulina necessaria.

Il paziente è in grado di poter fornire la quantità d’insulina necessaria?

Se la risposta è “si”, occorre dosare la dieta in modo da poter acquisire l’energia necessaria.

Se il paziente non è in grado di fornire l’insulina di cui ha bisogno, occorre mettere in atto terapie idonee a fornire al paziente la possibilità di poter disporre della quantità d’insulina necessaria.

 

Se il pancreas non è in grado di fornire l’insulina necessaria, ci sono due metodi possibili:

 

1)      Le pillole ipoglicemizzanti, che inducono il pancreas ad aumentare la quantità d’insulina prodotta;

2)      Le iniezioni d’insulina, che immettono nel corpo del paziente la quantità mancante dell’ormone insulina dall’esterno.

 

Occorre risolvere gli eventuali problemi di peso del paziente.

Le condizioni ideali di peso del paziente sono quelle di normopeso.

Il paziente obeso o in sovrappeso deve mangiare di meno.

Il paziente sottopeso deve mangiare di più in modo da portare il suo peso alla normalità.

 

Il diabete è una malattia molto subdola, che lavora sotto sotto, in silenzio e alla fine ci si accorge che si sono sviluppate le complicanze tardive, con grave danno.

Il diabete è solitamente diagnosticato con notevole ritardo, che può essere anche di qualche anno.

Il diabete può stare anni senza dare segni e normalmente ci si accorge della malattia solo per il sopraggiungere delle complicanze tardive, per es., per guai di natura cardiaca.

 

Le pillole ipoglicemizzanti.

Se la sola dieta non assicura una buona cura normalmente si passa alle pillole ipoglicemizzanti.

In questo caso il pancreas è stimolato a secernere una maggiore quantità d’insulina per far sì che l’insulina prodotta sia sufficiente a trattare una quantità maggiore di glucosio.

Alcuni farmaci agiscono sulla glicemia abbassandola, senza influire sulla capacità del pancreas di secernere insulina.

 

Rischi.

Le pillole ottengono il risultato di abbassare la glicemia ma possono avere delle conseguenze indesiderate.

Uno dei farmaci più usati limita la gluconeogenesi.

Il diabetico produce durante la glicolisi una certa quantità di lattato, che è un ione dell’acido lattico, che va al fegato ed è trasformato in glucosio mediante la gluconeogenesi.

Il farmaco, ostacolando la trasformazione del lattato in glucosio, fa diminuire la glicemia ma consente al lattato di rimanere nel sangue e andare in giro, in teoria, procurando dei danni.

L’uso prolungato di questa sostanza ipoglicemizzante potrebbe procurare guai seri.

Altri usi, molto più pericolosi, possono derivare dall’uso di sostanze, che, per fare abbassare la glicemia, abbassano la soglia di sfioramento nelle urine del glucosio del sangue.

Normalmente se il glucosio del sangue supera la soglia di circa 180 mg/dl allora una parte di glucosio viene immessa nelle urine (glicosuria).

Questi prodotti ipoglicemizzanti abbassano la soglia di sfioramento del glucosio nelle urine, per cui il glucosio si riversa nelle urine a valori di soglia molto inferiori, per es. a circa 160 mg/dl.

In questo caso il problema non è minimamente risolto ed è eliminata una parte consistente del glucosio del sangue, per cui la glicemia sembra tornare ad essere a posto ma è un fuoco di paglia.

L’energia, di cui ha bisogno l’organismo, rimane invariata.

L’insulina, che serve all’organismo, rimane invariata.

Diminuisce soltanto il glucosio disponibile, che non rimane nel sangue ma è eliminato con le urine.

La glicemia diminuisce ma il problema del diabete rimane invariato.

Un altro farmaco è stato proibito in alcuni paesi della Comunità Europea, poiché forse potrebbe produrre sbandamenti pericolosi nella guida di autoveicoli, potrebbe forse produrre la morte improvvisa e forse il tumore alla vescica.

È evidente che si è perso il senso della protezione dell’organismo, della persona e di risoluzione delle condizioni, che affliggono i pazienti diabetici.

È compito dei medici di base e dei diabetologi proteggere i pazienti diabetici contro le insidie evidenti e nascoste di farmaci, il cui uso può essere molto rischioso.

 

Iniezioni d’insulina.

Falliti i tentativi mediante la dieta e le pillole ipoglicemizzanti, il diabetologo propone il ricorso alle iniezioni d’insulina.

Le iniezioni d’insulina di solito rappresentano l’ultima ratio, cui fare ricorso quando le cure, tentate in precedenza, non hanno sortito l’effetto sperato, che è quello di compensare la glicemia, facendo sì che essa si mantenga nei limiti 70 – 110 mg/dl.

Quando si passa alle iniezioni d’insulina solitamente il diabete è in atto da parecchi anni ed ha già prodotto danni non trascurabili manifestando le cosiddette complicanze tardive.

Le iniezioni d’insulina potrebbero essere state indispensabili anche al momento della diagnosi per poter trattare il glucosio ed avere l’energia necessaria al fine di garantire al paziente una vita abbastanza normale.

È molto raro, se non estremamente improbabile, che le iniezioni d’insulina siano prescritte come terapia iniziale al momento della diagnosi del diabete.

Ciò perché l’attenzione è focalizzata sulla glicemia e non sul fabbisogno energetico da parte del paziente, che dovrebbe avere una vita il più possibile normale come quella delle persone sane.

 

Molto spesso le iniezioni d’insulina sono viste dai pazienti come una sorta di schiavitù, per cui i pazienti cercano di evitarle finché non se ne può fare a meno.

Questo atteggiamento del paziente spesso induce il medico a non prescrivere o a rimandare la prescrizione delle iniezioni d’insulina.

Quando formula una cura, una terapia il medico non deve farsi influenzare alle impressioni del paziente, dai timori del paziente, perché il diabete fa il suo corso, spesso in modo silenzioso,ma inesorabile e alla fine produce danni molto gravi.

Il medico deve trovare le parole adatte a convincere il paziente che la cura proposta è necessaria, anche se può comportare qualche disagio.

Sta alla bravura del medico studiare il dosaggio dell’insulina e scegliere i tipi d’insulina meglio indicati per la cura del diabete.

Quando si arriva all’insulina solitamente il diabete è già in stato molto avanzato e il paziente si rassegna e capisce che il diabete è una malattia, che non consente di scherzare e che la patologia deve essere affrontata con la massima serietà.

Purtroppo spesso i ritardi accumulati in passato fanno sentire il loro peso e le conseguenze possono essere anche molto gravi.

 

La ricerca.

La ricerca è in atto in tutto il mondo, nelle università, negli ospedali, nei policlinici.

Il gruppo di ricercatori è coordinato dai dirigenti di ricerca.

Normalmente si selezionano dei gruppi di pazienti, che sono trattati, alcuni con terapie sperimentali, altri con placebo.

Raggiunto un numero consistente di pazienti, tenuto in osservazione per un certo numero di anni, sono pubblicati i risultati dell’analisi di ricerca.

Ricerche congruenti possono essere conglobate in metanalisi al fine di arrivare a conclusioni utili per la cura.

Spesso la ricerca è finanziata dalle società produttrici di medicinali e può nascere il dubbio che il farmaco esaminato e risultato meraviglioso sia il farmaco prodotto dalla società, che ha finanziato le ricerca.

 

Serietà nella cura.

Da quanto sopra si evince che la cura della patologia deve essere affrontata con il massimo della serietà professionale e che le improvvisazioni sono spesso causa di gravi danni per i pazienti.

La terapia del diabete deve essere affrontata con la massima serietà, perché il diabete è una malattia che approfitta della leggerezza per lo meno iniziale della terapia per aggravare le condizioni di salute del paziente e spesso con danni irrecuperabili.

 

Quanto sopra è certamente una critica, ma è anche un invito a studiare bene come intervenire nel formulare la corretta terapia per curare il diabete.

 

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