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Diabete. La storia. 04.

43)    Diabete. Ossigenazione.

 

Per il diabete tipo due, che interessa in generale le persone ultraquarantenni, si considerano anche alcuni dati quali l’obesità, la poliuria, cioè la necessità di urinare abbastanza spesso, il dimagrimento ingiustificato, talvolta anche la necessità di bere in continuazione.

In genere il diabete è caratterizzato da un’insufficiente secrezione d’insulina da parte del pancreas.

[L’insulina secreta dal pancreas può non andare bene sia come quantità che come qualità.]

L’eccessiva quantità di glucosio presente nel sangue è un indice della presenza della malattia.

L’eccessivo valore dell’emoglobina glicosilata è un altro indice della malattia.

Non si può però affermare che il diabete sia dovuto a un’eccessiva quantità di glucosio presente nel sangue o a un valore eccessivo dell’emoglobina glicosilata.

È evidente che l’iperglicemia e l’eccesivo valore dell’emoglobina glicosilata siano piuttosto le conseguenze del diabete e non la causa dell’instaurarsi della malattia.

È vero che i valori di glicemia e di emoglobina glicosilata sono usati per la diagnosi, ma non si può affermare che essi siano la causa della malattia.

[Sono ragionamenti, che portano a capire come ancora bisogna percorrere tanta strada per poter capire l’origine del diabete.]

La formazione dell’acido lattico è dovuta a un’insufficiente ossigenazione delle cellule dei muscoli.

Il sangue, che circola nel nostro corpo, che trasporta con l’emoglobina l’ossigeno per nutrire le cellule, in caso di affaticamento muscolare non riesce a ossigenare a sufficienza le cellule in presenza di sforzi muscolari prolungati.

Nel diabetico è come se, anche a riposo, il sangue non riesca a ossigenare bene le cellule, per cui si ha la formazione dell’acido lattico.

È come se il diabetico, anche senza correre, avesse difficoltà a ossigenare le cellule del proprio corpo, per cui non tutto il glucosio si trasforma in acetil-coenzimaA e una parte si trasforma in lattato, che mediante la gliconeogenesi si trasforma ancora in glucosio, che al termine della glicolisi dal piruvato in parte è trasformato ancora in lattato.

[L’acido lattico, che rimane in circolo non fa certamente bene all’ossigenazione dei muscoli.]

 

44)    La terapia moderna.

 

Il pancreas segue le variazioni della glicemia e, se la glicemia si mantiene entro un certo intervallo, non interviene.

Questo intervallo è stato definito come “punto d’equilibrio glicemico”.

Il punto di equilibrio glicemico non rimane costante nel tempo e si può ritenere che nella fase di pre-diabete esso aumenti gradatamente.

Monitorando nel corso degli anni i valori, che ha il punto d’equilibrio glicemico, si può prevedere se una persona in futuro diventerà diabetica e, se l’indagine è condotta sistematicamente, si potrà predire anche il numero di anni, che passeranno prima della diagnosi di diabete conclamato.

La glicemia è un indicatore della malattia e non la causa.

[Se la glicemia è più alta rispetto al punto di equilibrio glicemico il pancreas secerne insulina. Se la glicemia è più bassa rispetto al punto di equilibrio glicemico allora il pancreas secerne glucagone, che è trasformato in glucosio.]

Poiché sembra che la malattia si trasmetta con i geni femminili, è molto importante sottoporre a screening dapprima i figli di madri diabetiche, che sembra siano esposti ad alto rischio diabetico.

[Sembra che sia interessato il cromosoma X, che viene ereditato dalla madre, che, se diabetica, potrebbe trasmettere la malattia diabetica.]

Nel dosaggio dell’insulina occorre tener conto che l’insulina da iniettare non è tutta quella occorrente all’organismo, perché il pancreas continua a secernere insulina.

Occorre iniettare la differenza tra l’insulina occorrente all’organismo e quella secreta dal pancreas.

In stato di iperglicemia il pancreas aumenta la secrezione d’insulina e potrebbe essere pericoloso aumentare anche la dose dell’insulina iniettata.

Molto spesso a fasi di iperglicemia seguono forti ipoglicemie dovute a eccesso d’insulina.

[Se si dosa l’insulina seguendone il valore si corre il rischio di finire in instabilità con forti ipoglicemie, cui seguono forti iperglicemie. Il programma del computer effettua il dosaggio dell’insulina sfruttando la feedback, cioè l’esperienza del passato e, in ogni caso, propone cambiamenti nel dosaggio molto lievi, molto graduali.]

 

45)    Diabete. La terapia personalizzata.

 

Il dosaggio dell’insulina si fa generalmente consultando una tabella preparata dal medico, che in corrispondenza dei valori della glicemia riporta il dosaggio dell’insulina.

Questa tabella è personale, perché dipende dalle condizioni del singolo paziente.

La tabella è compilata dal medico, che tiene conto della glicosuria e del fatto che il pancreas continua a secernere insulina anche se in quantità insufficiente.

Il ritenere che per evitare le ipoglicemie si debba mantenere un valore più alto della glicemia media e quindi dell’emoglobina glicata è alquanto discutibile.

Mantenere più alto il compenso glicemico significa aumentare la possibilità delle complicanze e accorciare la vita del paziente.

La motivazione addotta è quella di limitare la possibilità che il paziente vada in ipoglicemia.

[Ammettere che la compensazione glicemica possa essere fatta su valori più alti del normale significa lasciare una quota di glucosio più alta nel sangue. Il paziente, che va spesso in ipoglicemia, ha una tabella delle dosi d’insulina non fatta bene. Andrebbe modificata la tabella delle dosi senza puntare a valori più alti della glicemia. È sbagliato togliere una quantità eccessiva di glucosio dal sangue e mandare in ipoglicemia il paziente. Occorre curare che il glucosio del sangue diminuisca perché una quota importante di esso ha attraversato le membrane cellulari ed è andata a nutrire le cellule muscolari. Eliminare il glucosio dal sangue sic et simpliciter è un provvedimento inutile, che può fare solo danni.]

Per una corretta terapia occorre:

Una dieta equilibrata che assicuri un numero equivalente di Kcal da un giorno all’altro per ciascun pasto in modo che il dosaggio dell’insulina sia facilitato;

Fare l’autocontrollo della glicemia, che ha anche effetti benefici dal punto di vista psicologico.

Fare un dosaggio computerizzato dell’insulina;

Fare passeggiate giornaliere a passo spedito evitando di compiere sforzi inutili.

Cercare di vivere tranquillamente, cercando di evitare arrabbiature e sollecitazioni psicologiche, che bene sicuramente non fanno.

Le regole sono poche ma devono essere seguite con la massima serietà.

[Il paziente deve essere sempre presente nel seguire l’andamento della glicemia mediante l’autocontrollo. Occorre stare attenti a immettere nell’organismo pasti su per giù che rilasciano sempre o quasi lo stesso numero di calorie ed avere consumi di energia più o meno sempre gli stessi. Il consumo d’insulina deve essere sempre commisurato all’energia immessa nell’organismo con i pasti.]

 

46)    Diabete. Instabilità glicemica.

 

L’utilizzo del computer per regolare i dosaggi dell’insulina in base ai valori di glicemia ha dato ottimi risultati e dopo un certo periodo di regolazione dei dosaggi si sono ottenuti ottimi risultati:

1.      glicemia compresa tra 80 e 100 mg/dl;

2.      emoglobina glicosilata intorno al valore 6%;

3.      miglioramento sensibile delle complicanze, per es.:

  • ·         regressione della retinopatia diabetica, per cui le arteriole del fondo dell’occhio appaiono belle pulite e senza quelle piccole emorragie proprie della retinopatia;
  • ·         miglioramento delle cardiopatie ischemiche con scomparsa degli eventi anginosi;
  • ·         controllo facilitato dell’ipertensione arteriosa, per cui è necessario diminuire la quantità dei farmaci necessari per il controllo della pressione, che risulta meglio stabilizzata;

Il permanere di ottimi risultati ha comportato dopo un certo tempo una certa diminuzione della dose d’insulina necessaria.

[La serietà con la quale è seguita la terapia diabetica porta a condizioni di salute accettabili. È molto importante osservare per tutta la vita le regole prudenziali, con cui è seguita la terapia. I risultati possono essere accettabili.]

 Un altro caso d’instabilità si ha se si pratica l’iniezione dell’insulina mezzora prima del pasto.

L’insulina rapida tipo aspart comincia a fare effetto circa dieci minuti dopo l’iniezione.

Il pasto inizia mezzora dopo l’iniezione, per cui si ha la condizione dell’insulina, che fa effetto mentre il glucosio, legato al pasto, ancora non è prodotto.

L’iniezione d’insulina rapida, come quella della 70/30, va praticata venti minuti o mezzora circa dopo il pasto in modo da dare il tempo al pasto di fornire il glucosio da lavorare mediante l’insulina.

Se non si fa così, s’innesta ancora una volta il fenomeno dell’instabilità glicemica.

 [Occorre fare in modo che quando l’insulina entra in azione ci deve essere sempre del glucosio da trattare, altrimenti si va in ipoglicemia.]

 

47)    Diabete. Errori teorici e operazionali.

 

Parte fondamentale della cura del diabete dovrebbe essere l’ossigenazione dei tessuti, che è fondamentale per contrastare la formazione dell’acido lattico, che si forma dal piruvato in difetto di ossigeno.

L’ossigeno è trasportato dal sangue e occorre prestare molta attenzione ai valori messi in risalto dalle analisi e intervenire per correggere eventuali difetti a livello di ossigenazione dei tessuti.

[L’ossigenazione dei tessuti è di fondamentale importanza nel diabete.]

L’autocontrollo ha anche un effetto psicologico, perché in base al valore rilevato della glicemia il paziente mangia di meno, se la glicemia è alta, o si può permettere qualche piccola leccornia, se la glicemia è bassa.

[È importante che il paziente sia coinvolto e segua l’evolversi della malattia. Se il paziente può seguire l’andamento dei dati della glicemia e dell’emoglobina glicosilata sta molto attento sia nel vitto che nel condurre una vita sana e sufficientemente dinamica.]

Molti medici ritengono che la glicemia sia una grandezza costante, che varia poco da un giorno all’altro, da un momento all’altro.

La glicemia è una grandezza istantanea, i cui valori sono istantanei e ciò significa che il valore della glicemia varia istante per istante e dipende soprattutto da quello che si mangia.

Un pasto abbondante spinge in alto i valori della glicemia, mentre un pasto molto scarso può provocare un’ipoglicemia.

Un pasto equilibrato è fondamentale per un buon andamento nella cura del diabete.

[La glicemia è una grandezza variabile. Occorre tenerla sotto controllo durante tutto il giorno effettuando l’autocontrollo. ]

L’alimentazione deve essere il più possibile completa e ben bilanciata per fornire quelle calorie, di cui si ha bisogno.

Mangiare poco o mangiare assai è sbagliato.

Occorre mangiare per acquisire le calorie, che si consumano, cercando di fare pasti che comprendano tutte quelle sostanze di cui il corpo umano ha bisogno per la sua vita quotidiana, senza abusare.

L’autocontrollo, l’alimentazione e il dosaggio insulinico sono gli elementi fondamentali nella cura della patologia diabetica.

[“In medio stat virtus”, cioè “la virtù sta nel mezzo”. Questa espressione latina trova corrispondenza nel teorema di Analisi matematica detto “Teorema della media”, che afferma che, se in un intervallo di valori si sceglie il valore medio, si commette un errore minimo. Il paziente diabetico, che fa l’autocontrollo ha sviluppato una buona cultura del paziente e un livello di conoscenza, che non può che giovargli nel corso della malattia. La cultura del paziente ha un ruolo fondamentale nella gestione della malattia diabetica.]

 

48) Diabete. Ipotesi sulla nascita del diabete.

 

Una cultura molto importante, da prendere in considerazione, è la “cultura del ricercatore”.

Mentre il medico agisce nel campo delle conoscenze acquisite, il ricercatore agisce all’esterno di tale campo.

Medico e ricercatore agiscono in campi nettamente separati, per cui non ci può essere conflittualità tra il parere del medico e quello del ricercatore.

Quando le scoperte del ricercatore saranno acquisite come conoscenze mediche, diventeranno a disposizione del medico, che le terrà in considerazione nel proprio lavoro.

La ricerca deve riguardare necessariamente conoscenze non ancora acquisite e deve essere stimolata dalla necessità di andare avanti per risolvere determinati problemi.

Il ricercatore ha creato concetti nuovi, per meglio seguire l’andamento della malattia diabetica.

Un elemento importantissimo si è dimostrato il “Coefficiente Hb”, già oggetto di post precedentemente pubblicati su questo blog.

Il coefficiente Hb è molto più variabile rispetto all’emoglobina glicata.

Il coefficiente Hb è calcolato sulla base di 90 giorni, ritenendo che l’emoglobina di nuova formazione sia più incline a legarsi al glucosio rispetto all’emoglobina, che ha già qualche mese ed è in fase di cessazione della propria attività.

Il coefficiente Hb è un indice della percentuale di emoglobina di nuova formazione in confronto all’emoglobina media presente nel sangue.

Il valore del coefficiente Hb si considera un numero puro.

In prima approssimazione si è ritenuto che valori accettabili del coefficiente Hb dovessero essere compresi nel campo 3.0-4.0.

[Nuove grandezze aiutano a conoscere meglio l’andamento della malattia.]

Un’emoglobina glicata più alta significa una maggiore percentuale di glucosio presente nel sangue.

Una glicemia più elevata, rispetto ai valori delle persone sane, provoca un aumento nella formazione dei globuli rossi e quindi anche dell’emoglobina presente nel sangue.

Nel diabetico si può avere un abbassamento dei valori dei globuli rossi dovuto a un cattivo funzionamento del midollo osseo, che è quello che presiede alla formazione dei globuli rossi del sangue.

Questo difetto del midollo osseo può avere anche un’origine ereditaria, è cioè essere trasmesso con il DNA da uno o da entrambi i genitori.

L’organismo che sente questa insufficienza della capacità del midollo osseo a fornire un numero adeguato di eritrociti, cerca di correre ai ripari aumentando la glicemia, cioè la quantità di glucosio presente nel sangue per cercare di nutrire al meglio le cellule, compensando la diminuita quantità di eritrociti con l’aumentato contenuto in glucosio del sangue in circolazione.

La diminuzione dell’emoglobina può tradursi in una diminuzione dell’ossigenazione dei tessuti per difetto nel numero dei mezzi di trasporto dell’ossigeno.

Peraltro in difetto di ossigenazione il diabetico converte parte del glucosio, che la glicolisi ha convertito in piruvato, in lattato invece di convertirlo tutto in acetil coenzima A.

Con la gliconeogenesi il lattato viene riconvertito in glucosio, che si aggiunge a quello già presente nel sangue.

Il risultato è che il diabetico ha buoni motivi per andare in iperglicemia.

[Il coinvolgimento del midollo osseo può essere una considerazione esaminata in sede di ricerca sul diabete.]

La glicemia più alta rispetto a quella delle persone sane, la iperglicemia non è la causa scatenante del diabete.

Alla luce di quanto emerso la iperglicemia può essere considerata come mezzo di difesa dell’organismo per compensare la diminuita efficienza del midollo osseo nel formare nuovi globuli rossi, aumentando il contenuto in glucosio del sangue in circolazione.

Il diabete è caratterizzato da una glicemia più elevata rispetto a quella riscontrabile nelle persone sane, ma questo è un mezzo di difesa dell’organismo per bilanciare con l’aumento del contenuto in glucosio del sangue la diminuzione degli eritrociti.

[Il diabete sarebbe visto, secondo questa ricerca, come mezzo di difesa per aumentare il trasporto dell’ossigeno nel sangue.]

Il midollo osseo produce una minore quantità di nuovi globuli rossi, di nuova emoglobina e per riprendere il funzionamento normale l’organismo aumenta la glicemia e quindi la quantità di glucosio presente nel sangue.

E’ forte il sospetto che il diabete sia dovuto al cattivo funzionamento del midollo osseo anche per cause ereditarie, per cui l’iperglicemia è un mezzo di difesa, che l’organismo adotta per ovviare al grave deficit nella produzione di emoglobina.

La iperglicemia non è la causa del diabete, ma il mezzo di difesa che l’organismo adotta per ovviare al cattivo funzionamento del midollo osseo.

Per ovviare alla diminuzione dell’emoglobina e dei globuli rossi l’organismo ricorre a una maggiore quantità di glucosio nel sangue, a un aumento della glicemia con conseguente aumento dell’emoglobina glicata.

[Queste sono ipotesi, frutto della ricerca, delle motivazioni, per cui si verifica la malattia diabetica. La ricerca formula delle ipotesi, che hanno sempre bisogno di essere verificate.]

 

49) Diabete. Utilità dei coefficienti Hb

 

HbA1c% = (46.7 + glicemia media) / 28.7

L’applicazione di questa formula consente di ricavare il valore presunto dell’emoglobina glicata.

La difficoltà sta nel determinare quale valore occorre assumere per la glicemia media da inserire nella formula.

[La difficoltà sta nel determinare quale valore da considerare per la glicemia media negli ultimi tre mesi. È importante determinare quali sono i pesi da attribuire ai singoli valori della glicemia, perché la glicemia misurata oggi ha certamente un peso diverso dalla glicemia misurata tre mesi fa.]

I valori della glicemia nei primi 15 giorni sono moltiplicati per 0.65, i valori della glicemia da 16 a 30 giorni sono moltiplicati per il coefficiente 0.55, i valori della glicemia da 31 a 45 giorni sono moltiplicati per il coefficiente 0.37, i valori della glicemia da 46 a 60 giorni sono moltiplicati per il coefficiente 0.24, i valori della glicemia da 61 a 75 giorni sono moltiplicati per il coefficiente 0.14 e i valori della glicemia da 76 a 90 giorni sono moltiplicati per il coefficiente 0.05.

[Si tratta di tentativi per determinare il peso da assegnare a ciascun valore della glicemia in base alla data in cui è stata rilevata. L’attribuzione dei pesi non è così semplice e si vedrà in seguito che alla prova su 5625 test ci sarà una scaletta di valori molto più precisa.]

La medicina ritiene che il legame sia di tipo covalente e quindi molto stabile, per cui si ritiene che la molecola dell’emoglobina si combini con il glucosio e rimanga attaccata ad esso per tutta la vita dell’emoglobina, che è di circa tre mesi.

Si ritiene che un legame di questo tipo non sia plausibile con la vita delle particelle, che sono in continuo movimento, perché un tale legame sarebbe molto statico e incompatibile con la vita stessa dell’organismo umano.

Si ritiene plausibile che il legame non sia di tipo stabile ma che si crei e s’interrompa in continuazione, rimanendo costante il numero di molecole di emoglobina, che istante per istante è legato al glucosio.

Emoglobina e glucosio si attaccano e si staccano in continuazione.

[Si tratta di un’ipotesi molto plausibile, ma ancora non abbiamo risolto il problema dei pesi da assegnare ai singoli valori della glicemia.]

I pazienti diabetici possono raggiungere valori di emoglobina glicata anche del 5.5%, ma vanno incontro a una ridotta produzione di globuli rossi e di emoglobina per una diminuita efficienza del midollo osseo.

L’emoglobina glicata nei pazienti diabetici non dovrebbe essere inferiore al 5.8%.

Il funzionamento del midollo osseo sembra strettamente collegato all’emoglobina glicosilata, alla glicemia e ai coefficienti Hb.

I pazienti diabetici possono raggiungere valori di emoglobina glicata confrontabili con quelli delle persone sane, ma con la differenza che, se i valori dell’emoglobina glicata scendono sotto il 5.8% e i coefficienti Hb scendono sotto il due, la produzione di globuli rossi diminuisce in maniera considerevole e può destare una certa preoccupazione.

[Considerazioni molto importanti per capire i limite, che il diabete impone ai pazienti. Il valore minimo di emoglobina glicosilata sembra fissato a 5.8%, altrimenti diminuisce in modo considerevole la produzione di nuovi globuli rossi.]

 

50)  Diabete. Energia e glicemia.

La compensazione della glicemia avviene se c’è la disponibilità dell’ormone insulina in quantità sufficiente per trattare tutto il glucosio, che è contenuto e derivato dal cibo dei pasti.

Questo non è proprio corretto perché una persona può ingozzarsi a più non posso e poi praticarsi una grossa dose d’insulina con il risultato che l’eccesso di energia acquisita con il pasto va a finire in grasso inutile e dannoso accumulato nell’organismo.

Diverso è il caso della compensazione dell’energia, che stabilisce un equilibrio tra l’energia spendibile dall’organismo e l’energia accumulabile con i pasti.

L’equilibrio energetico può essere raggiunto, per es., per tentativi, controllando il peso corporeo a digiuno alla mattina, che deve rimanere costante e la glicemia, che deve rimanere nell’intervallo di compensazione.

Con i pasti occorre acquisire le sostanze strettamente necessarie per vivere, perché il sovrappiù andrebbe a finire in accumulo di grasso inutile e dannoso.

Non è raro il caso di pazienti diabetici in sovrappeso o addirittura obesi.

[Oltre ad osservare la compensazione glicemica occorre guardare a mantenere anche la compensazione energetica.]

È fondamentale assumere con il cibo una quantità di energia equivalente a quella consumata e consumabile e avere a disposizione l’insulina occorrente per elaborare il glucosio immesso nell’organismo.

[L’energia necessaria per vivere deve essere assicurata all’organismo e bisogna disporre dell’insulina necessaria per far sì che il glucosio alimenti le cellule e non rimanga inutilizzato nel sangue.]

Insulina e pillole ipoglicemizzanti sono modi diversi di affrontare la malattia.

Mentre con l’uso dell’insulina occorre controllare il valore della glicemia prima di ogni iniezione, con l’uso delle pillole ipoglicemizzanti l’autocontrollo della glicemia non è così assiduo, per cui il controllo è saltuario.

[In effetti mentre l’insulina si sa come agisce, delle pillole ipoglicemizzanti non si conoscono bene gli effetti collaterali, che possono risultare molto rischiosi per la salute. Occorre che il medico stia molto attento quando prescrive pillole ipoglicemizzanti. Gli standard per la cura del diabete mellito sia nella versione degli Stati Uniti sia nella versione italiana mettono in evidenza sia i pregi che i difetti di queste pillole.]

Nelle sale d’aspetto dei medici curanti le persone chiacchierano tra di loro.

Un vecchio racconta che la propria moglie, ammalata di diabete, sta a letto, è quasi del tutto cieca, è molto grassa, “Ma il piattone di pasta se lo mangia, se lo mangia”.

Forse la cosa fondamentale per la cura del diabete è l’istruzione dei pazienti e quella delle persone, che assistono i pazienti diabetici.

Gli errori più grossolani sono compiuti sempre in buona fede, ma possono costare caro, molto caro ai pazienti.

[L’ignoranza è la causa prima del fallimento della terapia per la cura del diabete. ]

 

51) Diabete. Coefficienti di distribuzione.

 

Le tre curve dell’emoglobina glicata riferentisi a condizioni diverse di distribuzione dei legami tra emoglobina e glucosio hanno fornito lo spunto per la creazione di due coefficienti molto importanti: i coefficienti Hb e Hb11.

Il coefficiente Hb si ricava dalla differenza tra i valori della curva di colore rosso e quelli corrispondenti della curva di colore verde.

Tale differenza è moltiplicata per dieci.

Il coefficiente Hb11 si ricava dalla differenza tra i valori della curva di colore blu e quelli corrispondenti della curva di colore verde.

Tale differenza è moltiplicata per dieci.

I coefficienti Hb e Hb11 sono influenzati dall’andamento del tracciato dell’emoglobina glicata e sono molto sensibili alle variazioni, perché i valori delle differenze sono moltiplicati per dieci.

[Siamo in fase di ricerca per determinare il peso dei singoli valori di glicemia nei novanta giorni, che influenzano l’emoglobina gicosilata. Le singole osservazioni sono vere, ma manca l’approfondimento tale da definire i pesi finali dei valori della glicemia nei novanta giorni di vita dei globuli rossi.]

 

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