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Diabete. Prevenzione.

Cogito, ergo sum.
Questa frase, detta da un grande matematico e filosofo di tanti anni fa, mi ritorna in mente quando penso a una lapide nella chiesa di Saint Germain des Prés a Parigi.
La lapide è prossima alla tomba di un grande della matematica e della filosofia.
Si tratta di René Descartes, Cartesio.
Ragiono, dunque sono.
Cartesio poneva come cosa più importante della vita il cogito, cioè la capacità di pensare, di ragionare, di elaborare con la mente i concetti più disparati e di scegliere delle soluzioni, che fossero le più affidabili, le più logiche, le più accettabili, per quanto possibile.
La capacità di ragionare, di trarre delle conclusioni, delle opinioni, di elaborare tutti i concetti, che possono essere elaborati dalla nostra mente.
Ciò che distingue l’uomo dall’animale è la capacità di ragionare, di trarre delle conclusioni, di elaborare con la propria mente dei concetti, di essere uomini, diversi dagli animali.
È questa capacità di ragionare che distingue l’uomo, in quanto essere pensante, in quanto essere in grado di prendere delle decisioni ragionate, di capire quello che succede nel mondo.
Forse nella ricerca sul diabete è mancata proprio questa capacità di sottoporre a una spietata analisi quanto raggiunto in anni di ricerca e di porre in dubbio i risultati raggiunti da eminenti professionisti, che hanno affrontato la materia.
Come per tutte le patologie è possibile distinguere tra prevenzione e cura.
La ricerca è inarrestabile.
Gli uomini si sono sempre chiesti il perché di tutte le cose e hanno trovato sempre le soluzioni più plausibili.
Ci si è chiesto perché il diabete?
Perché questa patologia, che affligge il corpo umano e sembra averla sempre vinta?
Perché il diabete è una malattia cronica, quindi incurabile?
Perché i medici non hanno delle soluzioni efficaci per combattere la patologia?
Perché i medici accompagnano delicatamente il paziente diabetico alla morte, senza fare nulla per trovare quelle soluzioni, che potrebbero aprire la strada alla cura risolutiva della malattia?
Sono tutte domande, che non possono trovare risposte soddisfacenti.
Certamente se la malattia è assecondata e se i medici prescrivono montagne di medicinali, le uniche a goderne sono le società produttrici di farmaci, che possono essere contente di realizzare i maggiori profitti possibili.
La cura del diabete è in stato molto avanzato.
Ci sono molti farmaci efficaci, ormai sperimentati a sufficienza.
Che cosa blocca la ricerca sulla prevenzione della patologia diabetica?
È l’interesse delle società produttrici di medicinali o è l’ignoranza propria di questi tempi, che fa sì che non siamo più in grado di ragionare, di capire quello che succede nel nostro corpo in preda alla malattia diabetica?
Eppure alcuni ragionamenti sono abbastanza semplici, perché non si fanno?
È chiaro che nel nostro corpo c’è ed è molto efficiente un sistema di controllo della glicemia, cioè della quantità di glucosio presente nel nostro sangue.
Questo sistema non è di quelli semplici e facilmente capibili, è un sistema complesso e difficile da capire, però alcuni aspetti possono essere indagati ed essere abbastanza comprensibili.
Il sistema di regolazione della glicemia è in grado di rilevare in ogni istante il livello glicemico presente nel nostro sangue e di prendere quelle decisioni, che portano alla regolazione del livello della glicemia nel sangue.
Ragionando, per quanto possibile, sul probabile funzionamento del sistema di regolazione della glicemia, cioè della quantità di glucosio presente nel sangue, dobbiamo pensare che il sistema di regolazione sia dotato di memoria, cioè che il sistema tenga conto della storia dell’andamento glicemico e si comporti di conseguenza.
Per es., nei confronti del “fenomeno dell’alba” dobbiamo pensare che il sistema abbia memorizzato il fatto che a una certa ora della mattina il corpo umano si sveglia, si alza dal letto, si muove e ha bisogno di una maggiore quantità di energia rispetto a quando era in stato di riposo, di sonno.
Questo concetto, immagazzinato in memoria, porta il cervello umano a comandare al fegato di mettere in circolazione per tempo una certa quantità di glucosio, che sarà necessario nelle prime fasi del risveglio, dell’alzarsi dal letto, di muoversi, di cambiare lo stato dal sonno alla veglia e all’attività propria della persona sveglia, che si alza dal letto e che si muove nella mattina.
È il sistema di regolazione della glicemia, che promuove questa azione e fa sì che il fegato metta in circolo nel sangue una certa quantità di glucosio, che, in base a quanto memorizzato in memoria, dovrebbe essere sufficiente per affrontare le prime fasi del risveglio e del moto di prima mattina.
È chiaro che nella memoria sono immagazzinate delle informazioni, che sono applicate nel comportamento del sistema di regolazione della glicemia.
Il diabete è una malattia cronica, dovuta all’accumulo nel sangue di quantità di glucosio superiori al normale.
È stata formulata l’ipotesi che il corpo umano del soggetto diabetico si abitui a poco a poco a livelli di glicemia superiori a quelli della persona normale, per cui l’organismo è indotto a ritenere che una glicemia superiore al normale rappresenti la normalità, per cui il sistema non interviene se la glicemia non supera quel valore, che è superiore a quello comunemente riscontrabile nelle persone sane.
Secondo l’organizzazione Mondiale della Sanità un soggetto può essere ritenuto ammalato di diabete se la sua glicemia a digiuno di almeno otto ore superi 126 mg/dl e, due ore dopo il pasto, la glicemia superi i 180 mg/dl.
Questo criterio è fuorviante, perché i medici sono indotti a ritenere che il paziente, che non raggiunga i 126 mg/dl, sia non diabetico, per cui nessun provvedimento curativo debba essere adottato, perché la persona è ritenuta clinicamente sana.
Questa è una situazione che evidenzia un errore madornale.
Il paziente che non raggiunge i 126 mg/dl è ritenuto normale e non ha bisogno di cure.
Si aspetta che il paziente maturi una condizione per cui la glicemia raggiunga i 126 mg/dl per ritenerlo ammalato di diabete e prescrivere medicinali ad hoc, che possono essere sia gli ipoglicemizzanti orali sia l’insulina a seconda della gravità della malattia.
Non si può essere d’accordo con un tale sistema di amministrare l’assistenza medica.
Quando la glicemia supera il valore di 126 mg/dl, il diabete è attivo da almeno sette anni, durante i quali ha prodotto danni non trascurabili all’organismo e le complicanze sono già in itinere.
Occorre escogitare un metodo, che consenta di scoprire con un certo anticipo se il soggetto in un futuro più o meno prossimo diventerà un paziente diabetico.
La ricerca ha portato a mettere a punto un sistema di prevenzione della malattia diabetica.
Tenendo presente che c’è un segmento di valori per cui il sistema di regolazione della glicemia non interviene, perché ritiene che il valore della glicemia sia accettabile, sia normale, si può cercare di rilevare questo “punto d’equilibrio glicemico” e seguirne nel tempo le variazioni.
Si è assimilato alla glicemia a digiuno di almeno otto ore il valore più plausibile del punto di equilibrio glicemico.
Misurando nel tempo, con una periodicità iniziale di due anni, fino a una periodicità semestrale si può seguire l’andamento del punto d’equilibrio glicemico nel corso degli anni.
Si deve ritenere che il diabetico non arrivi di colpo ad avere una glicemia a digiuno di almeno 126 mg/dl, ma che la sua glicemia a digiuno aumenti nel corso degli anni, fino a raggiungere, dopo un certo numeri di anni, il valore di 126 mg/dl.
Mettendo in grafico i valori rilevati della glicemia a digiuno, prendendo per buono un valore medio, che sia stabile, come media di tre o sette giorni, si può rilevare l’andamento della curva che rappresenta l’andamento del punto d’equilibrio glicemico nel corso degli anni.
Mettendo in un grafico i valori rilevati è possibile, estrapolando la curva, che si ottiene, capire se la linea di tendenza del grafico intercetta il valore di 126 mg/dl, che indica la presenza della patologia diabetica in un futuro più o meno prossimo.
In questo modo è possibile prevedere, in modo abbastanza preciso, fra quanti anni una persona potrà raggiungere i valori di glicemia, per cui potrà essere ritenuto un paziente affetto da diabete.
Il vantaggio è che si può prevedere con largo anticipo quali persone siano a rischio diabete e prendere per tempo quei provvedimenti, che la medicina riterrà applicabili per fronteggiare la malattia.
Invece di accorgersi con ritardo della presenza della malattia, si potranno adottare per tempo tutte quelle cure di fronte alla certezza che, in un futuro più o meno prossimo, s’instaurerà la patologia diabetica.
Cogito, ergo sum.
Così diceva Cartesio.
Seguendo il suo consiglio possiamo prendere quei provvedimenti, che possono portare grande giovamento a tante, tantissime persone, che saranno condannate alla malattia diabetica, cercando di alleviare tutte quelle sofferenze, che sappiamo essere nel futuro dei pazienti diabetici.
Intervenire con largo, larghissimo anticipo, anche di molti anni, per fronteggiare il diabete può essere un grande passo in avanti per la cura della malattia diabetica.
Il diabete è tale che, qualunque strategia si adotti, è comunque una via da seguire, se può portare dei vantaggi per alleviare le sofferenze, che le complicanze tardive potranno portare.

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