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LA RICERCA

Fare ricerca è sempre stata un’esigenza molto importante nella mia vita.
Fare ricerca è una predisposizione, che si ha dal momento della nascita e si scopre a poco a poco via via che si cresce.
Si comincia quando si frequenta la scuola elementare, quando si cominciano a studiare gli elementi essenziali della scienza, della matematica, delle lettere, etc.
Quando si diventa più grandi e si va all’università, si ha una preparazione di base, che aiuta a capire meglio quelli che sono i fenomeni, che vale la pena di approfondire.
Molto importante è lo studio delle scienze fisiche, che aiutano a studiare i fenomeni e a capire i meccanismi, che li regolano.
Principalmente quando si studiano gli elementi, che hanno reso famosi i grandi del passato si sente il bisogno di approfondire la conoscenza e di capire quello che essi hanno voluto dire e fin dove essi potevano e sono arrivati, in relazione al tempo in cui sono vissuti.
Di fronte alle figure immense del passato si parla di geni quando ci si riferisce ad Archimede, a Socrate, a Leonardo da Vinci, a Galileo Galilei, etc. fino ad arrivare ad Enrico Fermi e ad Albert Einstein.
Dai grandi si apprendono le regole fondamentali e ci si meraviglia come essi abbiano potuto formularle con le ruvide conoscenze dell’epoca, in cui sono vissuti.
Man mano che si cresce si impara ad esercitare la propria mente sviluppando sempre più la capacità del ragionamento.
Quando il ragionamento lascia il campo dell’ovvio e diventa originale, incomincia la fase della ricerca.
Molte volte si instaura una ricerca per cercare di capire meglio quello, che si è studiato, altre volte si segue un’ispirazione originale e si intraprende la strada verso l’ignoto.
E la vicenda comincia ad appassionare sempre di più, si continua a pensare e a ragionare, molte volte con sofferenza, altre volte con deboli soddisfazioni.
Si ragiona sugli argomenti più disparati, ma di volta in volta c’è sempre un argomento, che quasi attanaglia, quasi paralizza la nostra mente, che viene bloccata nel pensiero fisso, bloccato sempre su quell’argomento.
Ma il modo di fare ricerca è personale oppure ci sono degli schemi fondamentali da seguire?
Mi rendo conto, che ci sono tanti modi di fare ricerca.
Il metodo spesso lo sceglie il direttore della ricerca, che si avvale di tutta una serie di collaboratori, che effettuano delle prove o sviluppano alcuni concetti e che concorrono alla progressione delle considerazioni sulla ricerca in atto.
Un tipo di ricerca molto interessante è quella che si basa su un pensiero attribuito a Leonardo da Vinci: “Studia prima la scienza e poi seguita la pratica nata da essa scienza.”
Senza dubbio quello “Studia prima la scienza” significa che per intraprendere un percorso scientifico accorre avere gli elementi fondamentali di base e poi sviluppare alla luce di questi i concetti innovativi della ricerca.
Quindi si ritiene fondamentale possedere una cultura di base molto approfondita, in particolare una profonda conoscenza relativa all’argomento, che si vuole approfondire.
Certamente non si potrà fare una ricerca in Fisica, se non si conoscono bene i principi fondamentali, che regolano quella disciplina.
Nel corso della ricerca poi occorrerà approfondire alcuni argomenti particolari per avere la padronanza di quello che si ritiene essere lo stato dell’arte su quell’argomento.
Occorre certamente avere ben chiaro quello che è l’argomento, che si vuole approfondire e quello che deve essere il target di tutto il lavoro di ricerca.
Nel mio modo di vedere nel fare ricerca io preferisco formulare delle ipotesi e poi trovare dei riscontri per verificare se le ipotesi formulate sono fondate, se hanno qualche probabilità di essere verificate al di là di ogni ragionevole dubbio, o se dimostrano l’assurdità o la non fondatezza dell’ipotesi formulata.
Si fanno tutta una serie di considerazioni, che portano a delle ipotesi, che debbono essere verificate e non è detto che il criterio di verifica delle ipotesi sia il più esatto o il più adatto alla verifica dell’ipotesi allo studio.
Per questo l’ipotesi formulata non viene scartata del tutto ma viene messa in una certa evidenza tenendosi pronti a riprenderla in considerazione in futuro, anche in base allo svilupparsi delle conoscenze maturate nel frattempo.
Non è molto difficile pensare che la maggior parte delle ipotesi sia destinata ad essere classificata come non attendibile e quindi ad essere abbandonata.
Normalmente si inizia con uno studio preliminare per imparare il più possibile sull’argomento, per potersi muovere con una certa tranquillità e dimestichezza nell’esame dell’argomento.
E’ molto importante effettuare questo studio preliminare anche per acquisire la conoscenza in merito allo stato dell’arte relativo all’argomento, che si vuole approfondire.
Occorrerebbe avere una conoscenza preliminare e leggere tutto quello che è stato gia acquisito in passato in merito all’argomento della ricerca.
Per ciascuno degli argomenti, che si possono prendere in esame ci sono, senza ombra di dubbio, migliaia e migliaia di studi e ricerche fatti in precedenza.
Le più svariate teorie sull’argomento dovrebbero essere studiate, conosciute e valutate con serenità di coscienza.
Le più molteplici convinzioni dimostrate e valutate senza ombra di dubbio.
Si riscontra che su ogni argomento ci sono tanti pareri diversi, ciascuno dei quali formulato da persone molto autorevoli, che hanno fornito riscontri e dimostrazioni ineccepibili.

Dagli insegnamenti, che ho appreso da un mio parente, professore di psichiatria all’Università di Roma, ricordo sempre con favore la sua frase:
“Ricordati che la verità non è mai una sola. Esistono più di una verità, tutte ugualmente vere e dimostrabili come tali”.
La verità non è una sola.
Quali verità vado cercando io quando faccio ricerca?
Devo forse esaminare quanto studiato da altri per imparare e verificare il lavoro di altri, senza dubbio forse più capaci di me?
Oppure debbo trovare la mia strada da solo e seguirla, anche se risulta molto accidentata e difficile?
Preferisco quest’ultima ipotesi, che mi garantisce maggiore godimento nel fare ricerca.
La conoscenza di quanto fatto da altri sull’argomento, che mi interessa, potrebbe influenzarmi e portarmi a seguire una strada senza sbocchi o anche con un unico sbocco già ben indagato e sviluppato, il che potrebbe indurmi a sbagliare.
Io non desidero essere fuorviato o, comunque, influenzato, nel bene e nel male, dai lavori degli altri, perché questo toglierebbe molto al piacere di fare ricerca.
Ma ci sono dei capisaldi messi lì da grandi scienziati, che non possono essere ignorati.
Se io devo sbagliare, preferisco farlo da solo e non farmi coinvolgere dagli errori degli altri, di cui io non mi accorgo e che possono essere veramente molto convincenti.
Io lo so che corro grossi rischi, per es. usando impropriamente alcuni termini scientifici, il che suona offesa ai grandi professori.
La piena coscienza della mia ignoranza costituisce un punto di forza, però disgraziatamente questa piena coscienza a volte non viene raggiunta e corro il rischio di fare sorridere, se non ridere coloro che sono dotati del bene della scienza e della conoscenza.
Questo non ha importanza.
Importante è il risultato della ricerca.
Anche se qualche parola del discorso viene usata impropriamente, questo non inficia il risultato ottenuto, specialmente se il risultato riveste un particolare valore scientifico.
Devo tenere bene in conto la mia ignoranza, speriamo solo nella fase iniziale, che potrebbe condurmi su false piste, ma la sincerità dei miei ragionamenti alla lunga mi porta sulla strada giusta e mi fa raggiungere risultati di un certo valore.
Questo modo autonomo di condurre la ricerca mi appassiona, perchè è privo di schemi precostituiti e mi dà la più ampia libertà di condurre l’indagine.
È come fare l’esploratore di terre sconosciute, il quale non sa che cosa troverà e va avanti stando molto attento a dove mette i piedi e ai ragionamenti, che fa per ipotizzare cosa troverà in futuro, di lì a poco, l’indomani o più avanti ancora.
La strada che io seguo è una strada sempre nuova, mai percorsa da altri. È come spostarsi lungo un percorso sconosciuto verso l’ignoto.
È l’ignoto, che io vado cercando mentre faccio ricerca.
Quella che ho davanti è una vasta prateria, quasi senza alberi, con una vegetazione cespugliosa, che può nascondere insidie, a volte desertica, a volte intricata e nella quale io sono sempre solo, solo contro l’ignoto, solo verso l’ignoto difficilmente intellegibile.
Il mio metodo è molto originale e a prima vista potrebbe sembrare di avere pochissime possibilità di riuscita.
Mi rendo conto che tale metodo è totalmente fuori dal comune.
Si parte verso una destinazione ignota, senza poter seguire una strada predeterminata, perchè non ci sono strade già costruite, né viottoli, né sentieri segnati.
Le strade bisogna cercarsele, costruirsele, esplorarle da soli.

Man mano che la ricerca va avanti ci si può voltare indietro a guardare i risultati già raggiunti, acquisiti e guardare avanti verso quella meta, che in avvio era solo un’ipotesi da verificare, e che sembra un giorno più vicina e il giorno dopo più lontana.

Fare ricerca in questo modo è sofferenza, molta sofferenza, forse troppa.
Ci si alza la notte perchè nel dormiveglia si rimugina e quando si afferra un’idea, che sembra buona, per non perderla, la si vuole mettere subito per iscritto, fissarla in una nota da rielaborare al mattino appena alzati.
E al mattino molte volte si scopre che non è poi tanto vero quello che la notte sembrava un risultato acquisito o almeno una buona strada per avvicinarsi alla meta.

Ci vogliono anni di fatica e alla fine se si è fortunati si riscuote il premio tanto ambito.
La soddisfazione di aver concluso una ricerca, di aver trovato una formula, che prima non esisteva, una condizione della mente, che prima era ignota, una potenza, che prima non si sospettava e tanto altro ancora.

Una volta terminata una ricerca, l’interesse per quell’argomento sembra scemare, tant’è che non si pensa a pubblicare i risultati raggiunti e quasi si è gelosi dei risultati e si gode per il fatto che l’unica persona al mondo a sapere determinate cose sei tu, che hai fatto quella determinata ricerca.

Mi piace condurre la ricerca senza regole precostituite, seguendo il mio istinto.

A volte si rimane bloccati per più di un anno, se non per anni ed anni, ma, a forza di rimuginare, di provare alla fine si compiono passi avanti e, anche se non si vede ancora il traguardo, la fine della ricerca, si ha la consapevolezza che si è comunque fatto un passo avanti.
Se il passo è stato grande o piccolo non ha importanza, perchè l’importante è andare avanti nella ricerca.

Nel corso della ricerca si hanno spesso degli stimoli a procedere, ad andare avanti, specie quando si scopre che un’altra persona è sulla nostra stessa strada verso la fine della ricerca su cui stiamo lavorando.
Questo è uno stimolo non indifferente e può essere a volte risolutivo.

Sono ben conscio che la dimostrazione debba essere al di sopra di ogni ragionevole dubbio e che per arrivare a soluzioni certe ci vuole quello che in fisica si chiama “una legge”.
Se si riesce a dimostrare che un evento è sempre verificabile immutabilmente, si arriva a dimostrare una legge.

Se non si riesce a dimostrare che il risultato della nostra ricerca possa essere sempre verificato, ma che nei casi finora verificati è risultato vero, non si può parlare di legge, ma si parla di “postulato”, se i casi sono veramente in un grande numero.
Un postulato non è una legge, non è certo che sia sempre verificato, ma finora non si mai verificato il caso che sia risultato non vero.

Se io ponessi dei limiti alla ricerca, che conduco, per es. se cercassi solo delle leggi, mi divertirei molto meno e mi sentirei un povero pazzo.

Non mi preoccupo che le persone, che dovessero leggere miei articoli su una delle mie ricerche, possano ben capire la portata del risultato.
L’esperienza mi ha fatto venire a contatto con persone esperte che, a proposito di una mia ricerca, hanno detto: ” L’ha copiata da un vecchio libro ”.
Si, confesso io copio dal libro più vecchio che esista, dal libro istitutivo dell’universo, dalla natura, dalla scienza, dalla sofferenza, dall’aiuto che mi viene dall’alto, da molto in alto.

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