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Diabete. Riflessioni.

L’argomento che si vuole trattare riguarda la somministrazione d’insulina ai pazienti diabetici, ex tipo due, trattati con insulina.
Questi pazienti hanno una certa difficoltà a produrre autonomamente la quantità d’insulina che è loro necessaria per trattare il glucosio derivante dai loro pasti e far sì che il glucosio possa nutrire le cellule del corpo.
Nel paziente diabetico la difficoltà a fare penetrare il glucosio nelle cellule è la causa dell’accumulo del glucosio nel sangue e la glicemia, cioè la quantità di glucosio presente nel sangue, sale oltre ogni limite di normalità.
I medici studiano la glicolisi e sanno seguire il percorso del glucosio nel corpo umano e sanno perché il paziente diabetico non è in grado di esprimere grandi quantità di energia in modo continuativo.
Il fatto è che il paziente diabetico nella glicolisi dal piruvato forma il lattato e non l’acetil-coenzima A, che presiede all’emissione di energia.
Le considerazioni, che si vogliono svolgere, sono di natura diversa.
Innanzitutto non dovrebbe essere sottovalutata la funzione della metformina, come sostanza in grado di aiutare l’insulina a fare penetrare il glucosio nelle cellule.
La metformina è di grande aiuto per i pazienti trattati con insulina, perché il suo uso significa una riduzione della quantità d’insulina necessaria durante la giornata.
L’effetto benefico della metformina si ritiene che sia irrinunciabile per il paziente diabetico.
La metformina deve essere assunta in quantità giornaliera fissa ripartita in tre dosi lungo la giornata.
Sarà il medico di base o il diabetologo a fissare la dose complessiva giornaliera da assumere e come suddividerla durante la giornata.
Una prima riflessione riguarda la quantità d’insulina necessaria da somministrare dall’esterno al paziente diabetico.
Non ha importanza in quest’analisi stabilire se la quantità d’insulina da somministrare sia quella totale necessaria, perché il pancreas non produce più alcuna quantità d’insulina, o se la quantità d’insulina da somministrare sia una parte di quella necessaria perché il pancreas produce ancora la sua quantità d’insulina, ma questa non è sufficiente per il fabbisogno giornaliero del corpo del paziente diabetico.
Il ragionamento che si vuole fare prescinde dal fatto che l’insulina somministrata dall’esterno sia la quantità totale del fabbisogno del corpo umano o sia una parte, anche piuttosto piccola, del fabbisogno d’insulina del paziente diabetico.
Poiché si ritiene che il diabetico non vari molto le quantità di calorie immesse nel proprio corpo con il cibo e che l’energia consumata nei lavori quotidiani sia da considerarsi anch’essa quasi costante, si dovrebbe concludere che la quantità d’insulina necessaria da somministrare in iniezioni al paziente diabetico dovrebbe essere anch’essa quasi costante.
Durante la giornata possono variare le singoli dosi ma la somma totale delle dosi d’insulina somministrata dovrebbe essere all’incirca costante.
Le variazioni, che si riscontrano, sono minime.
Da un giorno all’altro la variazione si può ritenere contenuta nel 2-5% del totale dell’insulina somministrata.
Le percentuali, molto indicative, danno valori circa del 9% d’insulina rapida la mattina, il 32% d’insulina 70/30 a mezzogiorno, il 19% d’insulina rapida la sera e il 40% d’insulina glargine, tipo Lantus, la notte al momento di coricarsi.
In totale l’insulina lenta raggiunge circa il 50%, sommando al Lantus il 30% dell’insulina 70/30.
I dati possono subire variazioni anche profonde da individuo a individuo e sono riportati a esclusivo titolo indicativo.
Al liceo si studiano le funzioni y = f(x), dove y è la variabile dipendente, mentre la variabile indipendente è la x.
Sostituendo alla y la “glicemia” e alla x “l’insulina” si può ritenere che la glicemia sia funzione dell’insulina iniettata e che la sua variazione sia funzione dell’insulina iniettata.
Mentre, quando il pancreas è pienamente efficiente, è la glicemia che determina la quantità d’insulina da secernere da parte del pancreas, al contrario, quando il pancreas non è più in grado di fare il proprio dovere, è l’insulina iniettata dall’esterno che determina il valore della glicemia, cioè del glucosio presente nel sangue del paziente diabetico.
Se si eccede nella quantità d’insulina iniettata, la glicemia scende troppo, se la quantità d’insulina al contrario è insufficiente, si ha una crescita del livello glicemico nel sangue.
Glicemia e insulina sono strettamente legate e la glicemia dipende strettamente dalla quantità d’insulina iniettata, indipendentemente che essa sia l’intero fabbisogno giornaliero d’insulina o che sia solo una parte del fabbisogno.
Avendo fatto una schematizzazione matematica del problema della glicemia, cioè del diabete è possibile fare un’analisi matematica della terapia.
A questo punto il problema diventa matematico e la medicina non c’entra.
Occorre regolare la quantità d’insulina affinché la glicemia si mantenga nel campo della compensazione, cioè tra 75 e 130 mg/dl, meglio se tra 80 e 120 mg/dl.
Per regolare la quantità d’insulina necessaria è di grande ausilio il software realizzato in parte in VBA (Visual Basic Application) e in parte in linguaggio C++.
I valori della glicemia sono suddivisi in campi: 0-50, 51-70, 71-120, 121-140, 141-160,161-180 e oltre 180 (mg/dl).
Da 0 a 50 mg/dl non è prevista alcuna iniezione d’insulina.
È previsto che il paziente esca dall’ipoglicemia facendo un sostanzioso spuntino, assumendo zuccheri e sostanze zuccherate in grado di fornire glucosio all’organismo.
Dopo circa un’ora è prevista la ripetizione del controllo e l’ottenimento di un nuovo valore di glicemia da prendere in considerazione per il dosaggio dell’insulina.
Accade che l’assunzione di zuccheri porti la glicemia a valori anche superiori ai 120 mg/dl per cui la quantità d’insulina, che viene iniettata in questo caso, è commisurata al valore dato dal controllo, per es., 125 mg/dl e non ai 50 o giù di lì in fase d’ipoglicemia.
Osservando il grafico delle quantità d’insulina da somministrare in funzione dei valori di glicemia riscontrati al controllo, cioè rovesciando la funzione e ricavando una funzione x = f(y) dove x è l’insulina e y è la glicemia si nota un comportamento particolare, che può essere legato al singolo paziente.
La mattina la quantità d’insulina cresce con la glicemia variando di qualche unità fino a valori di glicemia di 180 mg/dl.
Superati i 180 mg/dl, il fabbisogno d’insulina scende e il motivo può essere ricercato nella glicosuria.
Il glucosio in eccesso è smaltito attraverso i reni e si ha la glicosuria, che aiuta l’insulina a trattare il glucosio perché fa diminuire la quantità di glucosio presente nel sangue, che deve essere trattato mediante insulina.
A mezzogiorno si nota che la quantità d’insulina necessaria fino a una glicemia di 70 mg/dl è circa una dose corrispondente alla media giornaliera.
Il fatto importante che si nota è che tra 70 e 120 mg/dl il fabbisogno d’insulina scende anche di tre o quattro unità per risalire poi con gradiente costante verso i valori più alti di glicemia.
Il fatto sta a indicare che se i pazienti hanno una glicemia “compensata”, hanno bisogno di una minore quantità d’insulina da iniettare dall’esterno.
La sera la quantità d’insulina da iniettare cresce leggermente fino ai 140 mg/dl per poi rimanere pressoché costante per valori superiori.
La notte la quantità di Lantus cresce in maniera costante, la variazione è di tre o quattro unità, fino ai 160 mg/dl per poi decrescere superati i 160 mg/dl.
L’effetto di questa diminuzione è da addebitarsi forse alla glicosuria, che, eliminando una certa quantità di glucosio presente nel sangue, aiuta l’insulina, che ha una minore quantità di glucosio da trattare.
Questi dati sono puramente indicativi e sono dovuti a una registrazione dei controlli, che è durata per circa due anni.
I dati si riferiscono a un paziente qualsiasi e non hanno la pretesa di rappresentare una media da prendere come esempio, ma costituiscono una base di ricerca sull’uso dell’insulina nella terapia diabetica.
In conclusione si è rilevata l’importanza della metformina nel trattamento della terapia diabetica.
Il fatto che il paziente in ipoglicemia assume una quantità di zuccheri più o meno grande e quindi ha bisogno di una maggiore quantità d’insulina rispetto a quella relativa allo stato ipoglicemico, che esclude la somministrazione d’insulina.
Si è notato che la compensazione della glicemia crea nei pazienti uno stato per cui è necessaria una minore quantità d’insulina per compensare la glicemia.
E da ultimo la diminuzione del fabbisogno d’insulina nei pazienti con valori di glicemia superiori a 160 mg/dl dovuta alla probabile azione benefica svolta dalla glicosuria.
Questi dati sono dovuti a un’osservazione puramente matematica.
La medicina, la cultura del medico non c’entra con quest’analisi.
Resta confermato che il medico di famiglia e il diabetologo devono seguire il decorso della malattia del paziente diabetico e che il software è visto come uno strumento di aiuto, che possa far analizzare al medico più profondamente lo stato della malattia diabetica.
Il discorso è semplice uno strumento elettromedicale, per es. un elettrocardiografo, è progettato da un ingegnere, ma l’uso è riservato al medico, che è il solo che, esaminato il tracciato, può formulare una diagnosi.
Il software per la terapia diabetica è anch’esso uno strumento, che fornisce i risultati anche sotto forma di grafici, ma la cui interpretazione è riservata al medico, che può meglio formulare un aggiustamento della terapia, una variazione della terapia, se necessaria.

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