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Fantasie diabetiche

La medicina ufficiale, nei confronti di una malattia grave come il diabete,ha trovato il colpevole: si tratta del pancreas, da tutti ritenuto responsabile di non fare a pieno il proprio dovere, di non secernere quantità sufficenti di insulina, insomma di recare danni enormi alla salute dei pazienti diabetici.

Ormai sono tutti d’accordo: la colpa è del pancreas.

In effetti il pancreas recita un ruolo molto importante nella vita di una persona perché è chiamato a regolare, secernendo insulina e glucagone, a seconda delle necessità, la gestione del glucosio nel sangue, la cosidetta glicemia.

Ma a questa funzione il pancreas non fa fronte da solo.

Ci sono altri organi interessati: come l’ipofisi, il fegato, le ghiandole surrenali.

Dare la colpa tutta e soltanto al pancreas può sembrare abbastanza eccessivo.

La medicina non ha chiarito come si instaura il diabete.

A me sembra abbastanza banale pensare che il pancreas si ammali, non riesca a fare il proprio dovere e metta in circolo una quantità d’insulina insufficiente.

Mi sembra che un ruolo non trascurabile giochi l’emoglobina glicata o glicosilata, che dir si voglia.

Le molecole di glucosio “si attaccano” alla molecola di emoglobina e viaggiano attaccate ad essa.

Mi sorge una domanda: come vede il nostro corpo il fatto che le molecole di glucosio si siano attaccate all’emoglobina?

Se la percentuale di emoglobina glicata non è molto alta la persona viene ritenuta abbastanza normale e priva di patologie.

Se, per contro, il numero di molecole di glucosio attaccate all’emoglobina diventa consistente in percentuale, allora si parla di diabete.

Ora non è sicuramente il pancreas a dire al glucosio di attaccarsi all’emoglobina.

Il sistema di controllo non può risiedere solo nel pancresas, ma deve trovare la partecipazione di altre ghiandole, come, per esempio, l’ipofisi.

Potrebbe essere lecito pensare in prima approssimazione e come ipotesi di ricerca, che l’organo di controllo della glicemia, cioè della presenza di glucosio nel sangue, possa essere disturbato dalla presenza di un eccesso di glucosio fissato all’emoglobina e possa sbagliarsi nella determinazione della glicemia, cioè del glucosio presente nel sangue.

Se l’organo di controllo rileva una minore quantità in circolo di glucosio presente nel sangue, sicuramente indurrà il pancreas a secernere una minore quantità di insulina.

L’insulina secreta sarà insufficente e la persona sarà ritenuta ammalata di diabete.

Dal momento che il nostro corpo si libera delle cose che gli sembrano inutili, non bisogna meravigliarsi che l’organismo possa liberarsi di parte delle cellule beta del pancreas, perché ritenute inutili.

Il pancreas non solo può essere indotto in errore da un’errata segnalazione della quantità di glucosio presente nel sangue, ma può anche essere messo in condizione di disfarsi delle cellule che dovrebbero secernere l’insulina, perché ritenute superflue

Sicuramente queste sono fantasie diabetiche, ma forse varrebbe la pena di approfondirle in una ricerca più approfondita.

Se la malattia consiste non in un difetto fisico del pancreas, incapace di secernere quantità sufficienti d’insulina, ma in un difetto del sistema di controllo, allora la situazione è molto più grave, perché viene a mancare l’affidabilità di tutto il sistema di controllo del glucosio.

Il sistema diventa inaffidabile e questo comporta altre considerazioni.

Nei pazienti diabetici di tipo uno è evidente che il sistema di controllo è pressocché inesistente, non è affidabile.

Non si spiega allora perché i medici facciano il “profilo glicemico” in questi pazienti.

Se il pancreas potesse conservare una qualche forma di controllo sulla regolazione del glucosio tramite insulina e glucagone, allora sartebbe giustificato il profilo glicemico.

Se il pancreas e il sistema di regolazione sono diventati non più affidabili, è praticamente inutile fare il profilo glicemico, perché i valori rilevati oggi non sono di alcuna utilità per il domani.

L’inaffidabilità del sistema rende il profilo glicemico inutile, perché non può fornire indicazioni utili per il futuro.

Desta meraviglia il fatto che alcuni diabetologi, a volte anche professori universitari, dopo aver fatto il profilo glicemico a pazienti diabetici di tipo uno, consigliano quattro controlli di glicosuria al giorno.

La glicosuria è la presenza di glucosio nelle urine, che si ha quando il glucosio presente nel sangue supera una certa soglia minima, per cui si riversa, sfiora nelle urine.

A parte il fatto che il controllo della glicosuria è considerato un’operazione stupida, perché chi non ha glicosuria può essere indotto a pensare di essere guarito dal diabete e quindi darsi alla pazza gioia, per esempio, a tavola e chi ha glicosuria può essere indotto a ridurre leggermente il livello di glucosio nelle urine e rimanere lontano dalla compensazione della glicemia, che unica sembra essere come via per ritardare le complicanze tardive.

Se il sistema di controllo della glicemia non è più affidabile, non si può fare conto su di esso e bisogna basarsi su dati reali, quali quelli forniti dalla misura della glicemia in fase di autocontrollo.

A questo punto è fondamentale l’ausilio del computer, che in base ai valori rilevati di glicemia fornisce la dose ottimale d’insulina da iniettarsi.

Risulta quindi necessario provvedere al controllo della glicemia prima di ogni iniezione d’insulina, risultando assai pericoloso praticarsi una dose d’insulina senza conoscere a che livello di glicemia si è nel momento in cui si pratica l’iniezione.

È come giocare pericolosamente con la roulette russa.

Se il livello glicemico è, per esempio, di 60 mg/dl, praticare una dose d’insulina media significa andare dritto dritto in una forte ipoglicemia.

Per determinare la dose d’insulina non ci si può riferire a valori medi ma occorre fare riferimento alla situazione reale, cioè al livello glicemico presente nel sangue al momento dell’iniezione d’insulina.

L’autocontrollo diventa quindi una pratica necessaria nei pazienti diabetici di tipo uno e non si capisce come certi medici, evidentemente non molto esperti, possano “concedere” solo 25 strisce reattive al mese ai pazienti diabetici di tipo uno.

È evidente che la ricerca del risparmio nella spesa sanitaria si risolve in un danno per il paziente e in un’assistenza sanitaria non appropriata.

Queste considerazioni di fantasia conservano però un fondo di verità, perché spiegano come sia facile curare male il diabete e come questa malattia possa causare tante morti nel mondo.

Si spera che la ricerca faccia dei grandi passi avanti e chiarisca le idee a certi medici, che sembrano averne poche, ma confuse.

Oggi il diabete tipo uno può essere curato mediante insulina secondo dosaggi computerizzati, in base ad autocontrolli preventivi.

Il computer garantisce anche la “feedback” cioè lo sfruttamento dell’esperienza del passato per determinare la giusta dose del presente.

La strada sembra essere molto lunga, ma si spera che i ricercatori non mollino la presa e che si vada sempre più avanti per garantire una condizione di vita più accettabile ai pazienti diabetici.

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